‘La legalità non deve avere né colore né nazionalità, le regole devono essere uguali per tutti’. Raggiunto dalla MISNA a Lampedusa, padre Vincent Mwagala, vice-parroco di origini tanzaniane in un’isola divenuta simbolo delle rotte migratorie da sud a nord, non ha pregiudizi ideologici sul ‘pacchetto sicurezza’, ma si pone domande e invita a riflettere non solo sulle ronde ma anche sull’introduzione del reato di ‘clandestinità’ che da domani entrerà nel codice penale italiano. ‘Con queste norme si vuole limitare la presenza di immigrati irregolari in Italia perché sono troppi? Una normativa seria – dice padre Vincent – deve essere onnicomprensiva, deve cioè comprendere tutti gli aspetti di un fenomeno complesso come quello di cui parliamo. Per questo motivo, alla vigilia dell’introduzione del cosiddetto ‘pacchetto sicurezza’, dovremmo farci alcune domande. Se è giusto che uno straniero entri in Italia con un regolare visto (ma non dimentichiamo i potenziali richiedenti asilo in fuga da guerre e situazioni estreme) dovrebbe essere altrettanto giusta un’azione dello stato per garantire i diritti di cittadini stranieri che lavorano a migliaia in nero, senza alcun diritto, con paghe molto al di sotto della media, per datori di lavoro italiani che in questo modo eludono tasse e si arricchiscono alle spalle di emarginati della società. Per non parlare della burocrazia e delle lungaggini e complicazioni che ostacolano la possibilità di una permanenza regolare perfino quando se ne avrebbe diritto’. Padre Vincent sottolinea come la maggioranza degli immigrati che sbarca ogni anno a Lampedusa sia gente onesta; ammette che ci possano essere criminali come ve ne sono in ogni società e in percentuale comunque limitata, ma ciò su cui si interroga è se effettivamente questa nuova legge assolve al compito che dovrebbe essere di ogni legge, ovvero di essere giusta. ‘Lo lascio come interrogativo cui dovrebbero rispondere dapprima quanti l’hanno votata a favore’ dice padre Vincent. ‘Di certo – conclude – fatti come quello avvenuto in provincia di Bergamo, devono spingere tutti a riflettere…’. A Ponte San Pietro (Bergamo) una ragazza marocchina di 27 anni di età, Fatima A., si è tolta la vita. Il fratello ha raccontato che Fatima era disperata perché non era riuscita a regolarizzare la sua posizione e aveva il terrore di essere arrestata all’indomani dell’entrata in vigore della legge.
Gianfranco Belgrano