‘Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo’ (Lc 1,68): Dio ha redento il mondo visitando il suo popolo! È con questo atto di fede che mi accingo, con entusiasmo sincero, a indire la visita pastorale, che rappresenta una delle principali forme, collaudate dall’esperienza dei secoli, con cui il vescovo conferma i fratelli nella fede, ‘esortandoli a restare saldi nel Signore’ (At 14,22).
In conformità a quanto stabilisce la normativa canonica vigente, mi dispongo a compiere questo atto di governo pastorale tenendo sullo sfondo due pagine della Scrittura che stanno sul ‘portale’ dell’Antico e del Nuovo Testamento: la visita compiuta da tre uomini ad Abramo, presso le Querce di Mamre (cf. Gen 18,1-16), e l’incontro di Maria con Elisabetta (cf. Lc 1,39-56). I due episodi, sebbene distanti tra loro, mi aiutano a verificare le intenzioni e le motivazioni che mi sollecitano a dare inizio alla visita pastorale, che, paradossalmente, dovrà configurarsi come una sosta, come una pausa di riflessione, per discernere le attese e le difficoltà che la ‘sfida esaltante dell’evangelizzazione’ incontra.
Consapevole che il ministero del vescovo è quello di essere immagine viva di Gesù Buon Pastore (cf. Gv 10,11-21) è mia intenzione calarmi, col sentimento responsabile del compito di successore degli apostoli, nella vivente tradizione cristiana della nostra Chiesa particolare. Cercherò di scoprire il volto che le comunità parrocchiali sono venute assumendo negli anni seguenti il Concilio Vaticano II e in applicazione del suo insegnamento. Esplorando la ‘frontiera’ delle unità pastorali e facendomi interlocutore attento degli organismi di partecipazione, mi sforzerò di creare vincoli più saldi e più fraterni di comunione ecclesiale tra le varie componenti del popolo di Dio. Ben sapendo che lo sguardo del vescovo è chiamato a cercare ‘il diretto contatto con le persone più povere, con gli anziani e gli ammalati’, è pure mio grande desiderio ascoltare le ragioni di quanti faticano a ‘sentirsi di casa’ dentro la comunità cristiana, rivisitando i moduli ordinari della pastorale, che vanno ripensati tenendo conto del fatto che la Chiesa è missionaria nella sua origine: ‘essa non ha una missione, ma è in se stessa missione’.
Affido la visita pastorale, per il suo fruttuoso esito, all’intercessione di san Feliciano e della beata Angela; essi, che hanno segnato profondamente il cammino della nostra Diocesi, ci aiutino a comprendere che non c’è novità se non nella fedeltà alla tradizione viva della Chiesa, non c’è libertà se non nell’audacia di camminare insieme, e non c’è profezia se non nella continua ricerca della misura alta della santità. La Vergine Maria, ‘protagonista umile e discreta dei primi passi della Comunità apostolica’, ci ottenga dal Signore la grazia dell’unità nella concordia, l’audacia della profezia nel discernimento, il dono della serenità nel governo pastorale.
22 maggio 2010, Veglia di Pentecoste
+ Gualtiero Sigismondi