Le Linee progettuali “Dare casa al futuro” ruotano attorno a nove parole che, come nota la presentazione, «chiedono di liberare il coraggio di riconoscere le strade da percorrere ». Sono state suddivise in tre aree, perché vanno riferite ai tre soggetti pastorali fondamentali: gli educatori, i giovani e la comunità cristiana. La loro disposizione nel sussidio non è di tipo ‘cronologico’ o per importanza perché «tutte e tre le aree rivelano soggetti che sono chiamati a entrare in una dinamica sinergica».
La prima area: le attenzioni e competenze della pastorale giovanile
La pastorale giovanile, si legge nelle Linee, «non è una delega in bianco a un ufficio diocesano: a quello spetta il coordinamento di un dialogo continuo fra un centro già in sé articolato (la curia diocesana) e le parrocchie, le realtà ecclesiali (associazioni e movimenti) e la vita consacrata presenti nel territorio». Le prime tre parole indicano le attenzioni e competenze necessarie per chi si offre al servizio educativo. La prima parola è «esserci», che si fonda sul bisogno odierno di entrare in relazione con le persone in modo nuovo. Così «una relazione che possa dirsi educativa, quindi che abbia una sua intenzionalità e non sia un semplice incontro, si compone essenzialmente di tre ingredienti: prossimità, continuità e asimmetria».
La seconda parola è «comunicare», una competenza essenziale perl’incontro e il dialogo, parte integrante della relazione educativa, «soprattutto tenendo conto della rivoluzione antropologica che il mondo digitale sta generando».
La terza parola è «fare casa»: accogliere i più giovani significa tenere aperta la porta di casa della comunità
La seconda area: la formazione dei giovani
In ambito ecclesiale la formazione ha come scopo quello di far crescere «donne e uomini capaci di vivere da fratelli, aperti nella speranza al mondo di domani che non sarà lo stesso di adesso e che non sarà nemmeno degli adulti di oggi». In questo ambito la prima parola è «chiamati», che fa riferimento al forte invito del Sinodo a curare una pastorale giovanile «in chiave vocazionale».
La seconda parola è «responsabili », che mette al centro la questione della coscienza (e dunque del discernimento).
La terza parola, «unici» ha a che fare con il tema della corporeità, sul quale la comunità «può farsi garante di percorsi che svelino in modo appassionato la positività del messaggio cristiano rispetto al corpo e alla sessualità».
La terza area: la vita della comunità La comunità cristiana è chiamata a interrogarsi sulla propria identità in un profondo e condiviso movimento di conversione e rinnovamento.
In questa area la prima parola è «comunione » (in parte sinonimo di «sinodalità »). La seconda parola è «annuncio» e include la liturgia: si tratta di riflettere su come «pensiamo e organizziamo » i momenti delle celebrazioni e della preghiera.
La terza parola è «diaconia» e coinvolge l’esperienza della carità nel servizio. Proprio nell’attenzione agli ultimi si apre la possibilità di incontrare molti giovani. La sfida è passare da un’esperienza episodica a percorsi di consapevolezza.
Giovani ed educatori: tutti chiamati a una «dinamica sinergica» «Comunicare» essenziale all’incontro e al dialogo