Festa della Chiesa Diocesana

23-09-2018

Festa della Chiesa diocesana – Santuario della Madonna del Pianto, 23 settembre 2018

Nella struttura del Vangelo di Marco, quello appena proclamato è il brano in cui Gesù annuncia per la seconda volta la sua passione, morte e risurrezione (cf. Mc 9,30-31). L’evangelista mette in risalto che i discepoli non comprendono le parole del Maestro, ma hanno timore di interrogarlo (cf. Mc 9,32), e tuttavia osano discutere su chi tra loro sia “il più grande” (cf. Mc 9,34). Gesù spiega con il linguaggio dei segni, abbracciando un bambino (cf. Mc 9,36), che la logica dell’amore conosce solo il primato del servizio, che ha come unità di misura il dono di sé: “Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti” (Mc 9,35).
L’assillo di occupare i primi posti è un grave disordine, una insidiosa passione, come rileva Giacomo nella seconda lettura: “Dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece, la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera” (3,16-17). La gelosia è sempre associata all’invidia, radice dei vizi, una delle armi più potenti del diavolo. “Annunciate ai quattro venti – raccomanda Agostino – che l’invidia è quella belva feroce che toglie la fede, distrugge la concordia, disperde la giustizia e genera tutti i mali” (cf. Sermo XVIII).
Fratelli carissimi, fa bene a tutti meditare questo severo ammonimento al termine dell’Assemblea diocesana, un appuntamento che, ogni anno, ci consente di fare il “tagliando” del cammino pastorale, sempre esposto al rischio di rallentare il passo della sinodalità. In sintonia con la Chiesa universale abbiamo fermato l’attenzione sulla trasmissione della fede alle nuove generazioni, che chiedono prassi pastorali vive e non solo vivaci, contesti associativi solidi, testimoni credibili. “Come potranno i giovani seguirci nella fede – si chiede Papa Francesco – se non ci vedono scegliere l’originale, se ci vedono assuefatti alle mezze misure?”. La complessità dei problemi e l’incertezza delle prospettive non bastano a “farci cadere le braccia” (cf. Sof 3,16), ma ci sollecitano a dare “ospitalità al futuro” delle nuove generazioni, tenendo bene a mente che “i sogni degli anziani e le visioni dei giovani accadono insieme” (cf. Gl 3,1).
È innegabile che il “peso specifico” dell’azione educativa dipende, essenzialmente, dall’autorevolezza degli adulti. Il prof. Pierpaolo Triani ci ha ricordato che “il tempo dell’ascolto è il luogo dove si incontrano i giovani”. Unica autorità ammessa è quella della testimonianza e unico approccio possibile è quello di camminare a fianco, adottando il “metodo di Emmaus” senza intenti paternalistici. “Vi è un’immagine – osserva Paola Bignardi – che può interpretare bene la condizione religiosa dei giovani: quella della brace che cova sotto la cenere. Chi guarda distrattamente, vede solo la cenere; chi sa andare oltre si rende conto di una vita possibile, da portare allo scoperto. Chi saprà soffiar via la cenere e rendere la brace capace di ardere e di produrre luce e calore? Questa è la sfida per la comunità cristiana e per tutta la generazione adulta che ha a cuore i giovani”.
“Come avverrà questo?” (cf. Lc 1,34). Riconoscendo l’inclusione reciproca tra pastorale familiare e giovanile, oltre che tra pastorale giovanile e discernimento vocazionale. Se non si riparte dalla famiglia, l’impegno educativo in favore dei giovani è destinato a non portare frutto. Allo stesso modo, se l’oratorio parrocchiale non si adopera a realizzare una vera e propria “alleanza” tra famiglia, scuola e crocicchi delle strade è condannato a chiudere. Di più, il grande investimento pastorale che coinvolge i fanciulli e sfiora gli adolescenti è votato a rimanere lettera morta se non riscopre la “filiera” che, a partire dal grest e passando attraverso il campo-scuola, giunge a esplorare la frontiera del silenzio, senza rinunciare alla pratica degli esercizi spirituali, che educa a discernere e a disciplinare “i sentimenti e i pensieri del cuore” (cf. Eb 4,12).
La pastorale giovanile perde sapore se vengono meno sia il coraggio di “non vergognarsi di dare testimonianza al Signore” (cf. 2Tm 1,8), sia l’audacia di vivere la beatitudine di essere “piccolo gregge”. “La Chiesa non è una squadra di calcio che cerca tifosi”, ma è una comunità di peccatori che, sostenuta dalla grazia del perdono, tiene viva la lampada della fede “di generazione in generazione”. “La fede si trasmette nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma”, “insistendo al momento opportuno e non opportuno” (cf. 2Tm 4,2): “con dolcezza e rispetto” (cf. 1Pt 3,16), ma anche “con un pizzico di follia”.

+ Gualtiero Sigismondi