01-11-2017
Solennità di Tutti i Santi, 2017
Fratelli e sorelle carissimi, nell’odierna solennità lo sguardo della Chiesa si immerge nell’oceano della Comunione dei santi. San Bernardo abate ci assicura che “quando veneriamo la memoria dei santi facciamo i nostri interessi, non i loro”. Oggi contempliamo non solo la costellazione dei santi del calendario liturgico, ma la galassia di tanti nostri fratelli che hanno vissuto la fede cristiana attraverso una esistenza semplice e nascosta. In questa moltitudine immensa ci sono tanti nostri parenti e conoscenti, che “ci hanno preceduto nel segno della fede e ora dormono il sonno della pace”. Essi hanno percorso con gioiosa agilità, fino in fondo, il sentiero d’alta quota delle Beatitudini e risplendono ai nostri occhi come “amici e modelli di vita”.
Le Beatitudini (cf. Mt 5,1-12a) aprono il grande discorso detto “della montagna”, la magna charta del Nuovo Testamento. Davanti al Vangelo delle Beatitudini avverto ogni volta il timore di rovinarlo con i miei tentativi di commento, perché so di non averlo ancora compreso; dopo anni di ascolto, questa parola continua a stupirmi e a sfuggirmi. Mi consola sapere che il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana. Le Beatitudini sono il più grande atto di speranza del cristiano e si coniugano al presente o, per così dire, al futuro presente. Le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita e ci indicano la via della semplicità evangelica. Santo è chi ha raggiunto un grado di semplicità interiore tale che non ricerca altro che l’unum necessarium.
Fratelli carissimi, la santità è il nostro destino di battezzati! I santi sono coloro che hanno compiuto il lungo pellegrinaggio che dal fonte battesimale conduce alla Gerusalemme del cielo. “I santi non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli – osserva Papa Francesco – alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria tonalità”. I santi sono persone trasparenti che hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Essi hanno messo la vita nelle mani di Dio e, seguendo la mappa indicata dalle Beatitudini, hanno sopportato sofferenze e avversità e così hanno raggiunto la meta del Regno dei cieli.
Nei santi il profondo rapporto con Dio ha ispirato la relazione fraterna con gli uomini; in effetti, “un amore a Dio che volesse isolarsi dall’essere umano sarebbe la sua più evidente negazione”. I santi hanno un chiaro senso della storia, unito all’intima convinzione che a governare le umane vicende non sia il rigido determinismo di cause ed effetti ma la Provvidenza, al cui servizio la libertà di tutti gli uomini di buona volontà può scegliere o meno di porsi. “I santi sono coloro che non sono mai usciti dall’infanzia spirituale”, lasciando a Dio, “Padre veramente santo”, tutti i diritti d’Autore sulla loro esistenza.
Fratelli carissimi, la santità è polifonica: la santità della preghiera, la santità del servizio, la santità della sofferenza. I santi parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’esempio della vita e con le opere della carità. Compiendo la visita pastorale ho la grazia di ascoltare la polifonia della santità, che è ricerca umile e fiduciosa dei sentieri che il Vangelo indica alla nostra vita. Il polso della santità della nostra Chiesa diocesana l’ascolto suonando il campanello delle case. È santità feriale, spoglia di ogni eleganza che non sia quella della nobile semplicità. Proprio ieri una donna molto anziana mi confidava: “Ho perso la memoria ma non la fede”. Abbracciandola le ho sussurrato: “Non si preoccupi, la fede è ricca di memoria”.
La fede dei santi, anche quelli della “porta accanto”, edifica la Chiesa e rinnova il mondo. Benedico il Signore che continua a visitare il suo popolo facendo fiorire germogli di santità ovunque, dove neppure il più svagato pensiero oserebbe immaginare, anche lontano dai luoghi di culto. La santità significa vita immersa nello Spirito, in apnea. Come vescovo posso assicurarvi che non è immensa, come quella presentata nel Libro dell’Apocalisse, ma è pur sempre una moltitudine quella di coloro che difendono la nostra Chiesa particolare dagli attacchi del maligno, stando nella trincea della preghiera o esplorando la frontiera della carità, affrettando nella speranza l’attesa del loro definitivo progresso nel mistero della Comunione dei santi.
Fratelli e sorelle carissimi, nell’odierna solennità lo sguardo della Chiesa si immerge nell’oceano della Comunione dei santi. San Bernardo abate ci assicura che “quando veneriamo la memoria dei santi facciamo i nostri interessi, non i loro”. Oggi contempliamo non solo la costellazione dei santi del calendario liturgico, ma la galassia di tanti nostri fratelli che hanno vissuto la fede cristiana attraverso una esistenza semplice e nascosta. In questa moltitudine immensa ci sono tanti nostri parenti e conoscenti, che “ci hanno preceduto nel segno della fede e ora dormono il sonno della pace”. Essi hanno percorso con gioiosa agilità, fino in fondo, il sentiero d’alta quota delle Beatitudini e risplendono ai nostri occhi come “amici e modelli di vita”.
Le Beatitudini (cf. Mt 5,1-12a) aprono il grande discorso detto “della montagna”, la magna charta del Nuovo Testamento. Davanti al Vangelo delle Beatitudini avverto ogni volta il timore di rovinarlo con i miei tentativi di commento, perché so di non averlo ancora compreso; dopo anni di ascolto, questa parola continua a stupirmi e a sfuggirmi. Mi consola sapere che il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana. Le Beatitudini sono il più grande atto di speranza del cristiano e si coniugano al presente o, per così dire, al futuro presente. Le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita e ci indicano la via della semplicità evangelica. Santo è chi ha raggiunto un grado di semplicità interiore tale che non ricerca altro che l’unum necessarium.
Fratelli carissimi, la santità è il nostro destino di battezzati! I santi sono coloro che hanno compiuto il lungo pellegrinaggio che dal fonte battesimale conduce alla Gerusalemme del cielo. “I santi non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli – osserva Papa Francesco – alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria tonalità”. I santi sono persone trasparenti che hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Essi hanno messo la vita nelle mani di Dio e, seguendo la mappa indicata dalle Beatitudini, hanno sopportato sofferenze e avversità e così hanno raggiunto la meta del Regno dei cieli.
Nei santi il profondo rapporto con Dio ha ispirato la relazione fraterna con gli uomini; in effetti, “un amore a Dio che volesse isolarsi dall’essere umano sarebbe la sua più evidente negazione”. I santi hanno un chiaro senso della storia, unito all’intima convinzione che a governare le umane vicende non sia il rigido determinismo di cause ed effetti ma la Provvidenza, al cui servizio la libertà di tutti gli uomini di buona volontà può scegliere o meno di porsi. “I santi sono coloro che non sono mai usciti dall’infanzia spirituale”, lasciando a Dio, “Padre veramente santo”, tutti i diritti d’Autore sulla loro esistenza.
Fratelli carissimi, la santità è polifonica: la santità della preghiera, la santità del servizio, la santità della sofferenza. I santi parlano un linguaggio a tutti comprensibile con l’esempio della vita e con le opere della carità. Compiendo la visita pastorale ho la grazia di ascoltare la polifonia della santità, che è ricerca umile e fiduciosa dei sentieri che il Vangelo indica alla nostra vita. Il polso della santità della nostra Chiesa diocesana l’ascolto suonando il campanello delle case. È santità feriale, spoglia di ogni eleganza che non sia quella della nobile semplicità. Proprio ieri una donna molto anziana mi confidava: “Ho perso la memoria ma non la fede”. Abbracciandola le ho sussurrato: “Non si preoccupi, la fede è ricca di memoria”.
La fede dei santi, anche quelli della “porta accanto”, edifica la Chiesa e rinnova il mondo. Benedico il Signore che continua a visitare il suo popolo facendo fiorire germogli di santità ovunque, dove neppure il più svagato pensiero oserebbe immaginare, anche lontano dai luoghi di culto. La santità significa vita immersa nello Spirito, in apnea. Come vescovo posso assicurarvi che non è immensa, come quella presentata nel Libro dell’Apocalisse, ma è pur sempre una moltitudine quella di coloro che difendono la nostra Chiesa particolare dagli attacchi del maligno, stando nella trincea della preghiera o esplorando la frontiera della carità, affrettando nella speranza l’attesa del loro definitivo progresso nel mistero della Comunione dei santi.
+ Gualtiero Sigismondi