14-05-2016
Veglia di Pentecoste, 14 maggio 2016
“Riempi la Chiesa, o Dio, della gioia dello Spirito santo: cresca nel tuo amore e si diffonda”. Con questa invocazione la liturgia ha aperto il “rettilineo finale” del tempo pasquale in cui, scortata dal Libro degli Atti, ha percorso la strada che ha condotto a Roma i “Principi degli apostoli”. Una strada tagliata ripetutamente dalla persecuzione, che però non ha impedito al Vangelo di continuare la sua corsa, iniziata dalla “porta santa” del Cenacolo, la “grande sala al piano superiore”. Si tratta di una corsa che ha come traguardo i confini della terra e avrà come approdo la fine dei tempi.
Gli Atti degli Apostoli, che hanno accompagnato il tempo di Pasqua, sono, per così dire, il libro di testo che narra la vocazione propria della Chiesa, quella dell’evangelizzazione, che esprime più profondamente la sua identità missionaria. Rileggere il Libro degli Atti, in sinossi con la letteratura paolina, dà modo di ravvivare la gioia del primo annuncio del Vangelo e permette anche di rileggere le tensioni, sempre ricorrenti, che la Chiesa ha conosciuto nella prima pagina della sua storia: non quelle provocate dall’esterno, ma quelle registrate all’interno.
Subito dopo la Pentecoste gli apostoli si rendono conto che stanno lasciando da parte la parola di Dio e decidono di correre subito ai ripari, affidando il servizio delle mense a “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito santo e di sapienza” (cf. At 6,1-6). Superata questa delicata prova, gli apostoli si dedicano interamente “alla preghiera e al servizio della Parola”, ma ben presto avvertono che la diffusione del Vangelo è insidiata dalla tentazione di chiudersi all’interno della sinagoga, imponendo ai pagani la pratica della circoncisione. Su tale problema si apre un acceso dibattito persino tra Paolo e Pietro; essi non temono di affrontare “a viso aperto” una questione così difficile (cf. Gal 2,11-21), che verrà risolta a Gerusalemme con l’intervento di Giacomo e la stesura di una lettera (cf. At 15,22-29).
Dopo la composizione di questa controversia la moltitudine dei credenti, chiamati ad avere “un cuore solo e un’anima sola” (cf. At 4,32), avverte con sempre maggiore frequenza il pericolo di dividersi in fazioni, appellandosi all’autorità del nome dei singoli apostoli, piuttosto che al solo nome di Gesù, l’unico in cui c’è salvezza. San Paolo mette in guardia dall’insidia della discordia la comunità di Corinto, esortandola ad essere “in perfetta unione di pensiero e di sentire” (cf. 1Cor 1,10-17). Nel dichiarare apertamente di non essere stato inviato ad annunciare il Vangelo “con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo” (1Cor 1,17), Paolo lascia intendere che già avverte l’odore acre dello gnosticismo che, di lì a poco, avrebbe devastato la Chiesa. Il sistema gnostico, riducendo la fede ad una conoscenza da illuminati, oltre a non sopportare il profumo della sana dottrina (cf. 2Tm 4,3-4; 2Pt 1,16), secondo la quale “Gesù è venuto nella carne” (cf. 2Gv 7-11), “strappa ad essa il sigillo pastorale originario e costitutivo”.
Fratelli carissimi, le forti tensioni che la Chiesa ha conosciuto sin dall’inizio della sua storia la accompagnano fino ai nostri giorni. La tentazione di “lasciare da parte la Parola” è sempre incombente e il pericolo di rimanere in sagrestia è latente; sembra cronicizzarsi anche la tendenza sia a chiudere i carismi dei vari gruppi in compartimenti stagni, sia a ridurre l’essere cristiano a una “specie di abito da vestire in privato”, esitando a rispondere “a chiunque domandi ragione della speranza” (cf. 1Pt 3,15-16). Sin dal giorno della Pentecoste la barca della Chiesa è stata sballottata dalla forza delle onde all’esterno e da quella delle correnti all’interno, e tuttavia lo Spirito santo non le ha fatto mai mancare, in poppa, la dolcezza della sua brezza leggera.
La Chiesa vive costantemente dell’effusione dello Spirito santo, senza il quale esaurirebbe le proprie forze, come una barca a vela a cui venisse a mancare il vento. Un marinaio, di recente, mi ha confidato che il mare dialoga con il cielo; infatti, per misurare la velocità e la direzione delle correnti occorre scrutare le nubi, che camminano “sulle ali del vento”. Lo stesso marinaio mi ha anche detto che l’equipaggio di una nave non può sottrarsi al lavoro di squadra: costante deve essere il dialogo tra il comandante, che segue tutte le operazioni dalla plancia, il nostromo, ossia l’anziano esperto del mare, e le vedette, impegnate a scrutare l’orizzonte. Anche quando si è costretti a navigare controvento, l’equipaggio, se affiatato e accordato, sa trovare l’inclinazione giusta delle vele per procedere lungo la rotta stabilita.
Fratelli carissimi, rendiamo grazie a Dio che, mediante il Battesimo, ci ha chiamati a salire a bordo della barca della Chiesa, la navicula Petri, che non è una nave da crociera ma un mercantile che, con il carico della grazia pasquale, incrocia nel mare del mondo. Chi conosce le leggi della nautica sa che sono operazioni molto delicate, anche dal punto di vista psicologico, tanto salpare quanto entrare in porto, ma la manovra più impegnativa è prendere il largo, reggendo il timone con serena fiducia anche nel buio delle lunghe notti della navigazione, quando neppure le stelle si specchiano nel mare e, all’alba, l’orizzonte si ostina a confondersi con le acque.
Il Messale Romano e la Liturgia delle Ore, quasi come gabbiani, hanno scortato la Chiesa nel tempo di Pasqua ponendo sulle labbra dei fedeli delle invocazioni che è opportuno richiamare alla mente, sine glossa, per restituire alla preghiera la profondità e l’ampiezza del respiro cattolico. “Riempi la Chiesa, o Dio, della gioia dello Spirito santo, cresca nel tuo amore e si diffonda. Dona energie nuove alla tua Chiesa: purificala, fortificala e propagala fino ai confini della terra. Manda, o Padre, lo Spirito santo alla tua Chiesa, perché configurata a Cristo diventi l’anima del mondo. Manda su di noi il tuo Spirito, crisma profetico, santo crisma dell’anima, ci purifichi dal male e ci dia l’entusiasmo del bene. Manda il tuo Spirito, riposo nella fatica, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Manda lo Spirito santo, celeste rugiada, a rinnovare la terra”.
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno