11-01-2015
Festa della Madonna del Pianto, 2015
Fratelli carissimi, il nostro cammino di fede è legato in modo indissolubile a Maria da quando Gesù, morente sulla Croce, si spoglia persino dello sguardo di sua Madre, dicendole: “Donna, ecco tuo figlio! (Gv 19,26). Queste parole hanno il valore di un testamento; ad esse segue una consegna: “Ecco tua Madre!” (Gv 19,27). A questa consegna, che sigilla il testamento di Gesù, il popolo cristiano è rimasto sempre fedele, riconoscendo nel Fiat di Maria una sorta di “architrave” che collega l’opera mirabile della creazione a quella ancor più mirabile della redenzione. “Se tu vuoi sapere chi è Maria – avverte Papa Francesco –, vai dal teologo, e ti spiegherà bene chi è Maria. Ma se vuoi sapere come si ama Maria vai dal popolo di Dio, che te lo insegnerà meglio”.
La pietà mariana è, per così dire, il “sistema immunitario” della fede della Chiesa; quando la devozione mariana si indebolisce, diminuiscono pure le difese immunitarie tanto dei singoli quanto di una comunità. Questo nostro annuale pellegrinaggio è un antidoto contro il male, e tuttavia non ci dispensa dal quotidiano compito di lasciarci guidare da Maria nella meditazione dei misteri di Cristo. “Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere – osservava il beato Paolo VI – il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce”.
La motivazione per cui il popolo folignate prende d’assedio ogni anno questo Santuario non va cercata solo nella forte spinta suscitata da qualche necessità, ma nell’ardente desiderio di far provvista di speranza e, più di quanto non si pensi, di ringraziare. La gratitudine, più e prima ancora che la supplica, è il fattore che spiega l’attaccamento a questo simulacro della Vergine Maria. Come il Signore Dio ha voluto aver bisogno di una Madre, così l’uomo non può fare a meno dello sguardo della Vergine Maria, in cui è riflesso quello del Figlio suo; gli occhi di Maria sono, per così dire, lo specchio degli occhi di Gesù su cui riposa lo sguardo “sereno e benigno” del Padre.
L’arte cristiana ha nel suo archivio una galleria di immagini straordinarie, soprattutto Pietà e Madonne con il Bambino, che mostrano la dolcezza dello sguardo materno della Vergine Maria, “portavoce della preghiera della Chiesa presso il Figlio suo”. Che Maria Vergine sia interprete e garante delle necessità di noi suoi figli, anticipando addirittura le nostre richieste di aiuto, lo testimonia la pagina che narra il primo segno compiuto da Gesù nel contesto di una festa di nozze, con il quale Egli manifesta la sua gloria, suscitando la fede dei suoi discepoli. Durante quella festa viene a mancare il vino e Maria, tanto attenta quanto discreta, lo fa notare subito al Figlio suo: “Non hanno vino” (Gv 2,3). Maria non osa forzare la mano a Gesù, ma aprendo le proprie mani gli manifesta una grave necessità. Ella non gli chiede un “anticipo” sull’ora della Pasqua, ma una “primizia” della pienezza della gioia pasquale.
“Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Il dialogo tra Maria e Gesù, iniziato con il linguaggio delle mani, prosegue con la luminosità degli occhi. L’intenso dialogo, fatto di silenziosi sguardi, tra la Madre e il Figlio suo deve essere stato così persuasivo che Maria non esita a dire ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Queste parole, ispirate dal Fiat dell’Annunciazione, dettano alla Chiesa l’Amen della fede. Quando Maria parla con Dio Gli dice: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua Parola” (Lc 1,38); quando invece si rivolge alla Chiesa, le ripete le stesse parole rivolte ai servi a Cana di Galilea. Non si tratta di un comando e nemmeno di un consiglio materno, ma di una supplica rivolta alla Chiesa, sempre esposta all’insidia di “non avere più vino”.
“Riempite d’acqua le anfore” (Gv 2,7). I servitori eseguono l’ordine ricevuto riempiendo, “fino all’orlo”, sei grandi anfore di pietra; Gesù trasforma l’acqua in un vino eccellente e ordina di portarlo a chi dirige il banchetto. Con questo “segno” Egli si rivela come lo Sposo messianico, venuto a stabilire il suo patto nuziale con l’umanità. Il vino, simbolo della gioia dell’amore, allude anche al sangue che Gesù verserà sulla Croce davanti a sua Madre, la quale, trafitta dalla spada del dolore, inaugura la sua opera di intercessione. Dante parla della sollecitudine materna di Maria nel XXXIII Canto del Paradiso, ponendo sulle labbra di san Bernardo un’orazione sublime, che in italiano corrente potrebbe essere resa così: “Donna, sei tanto grande e tanto vali, che chi nel bisogno non chiede la tua grazia, è come se il suo desiderio volesse volar senz’ali. La tua benignità non solo viene in aiuto a chi la chiede, ma molte volte liberamente ne anticipa la preghiera”.
Fratelli carissimi, il segreto che rinnova ogni anno il prodigio di convenire in gran numero presso questo Santuario è la serena fiducia nella premura materna di Maria. Questa testimonianza di fede mi commuove profondamente, mi colma di meraviglia e mi fa gustare la gioia grande di portare il “peso dolce e leggero” del “giogo di grazia” della guida pastorale della Diocesi di Foligno. Forse in mezzo a questa folla numerosa si nasconde o si confonde anche chi soffre di “mal d’incenso”, e tuttavia non ha rinunciato a quest’appuntamento di preghiera, anche solo per gustare la dolcezza dello sguardo sereno di Maria. Se un figlio si vergogna di sua madre è incurabile, ma è inguaribile se ha timore di arrossire o di piangere davanti a lei; analogamente, se un cristiano è allergico al Rosario o ritiene che la devozione mariana sia “roba da vecchierelle” è miserabile.
“In Maria – osservava Benedetto XVI – contempliamo che in Dio c’è spazio per l’uomo; Ella, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio. Ma c’è anche l’altro aspetto: non solo in Dio c’è spazio per l’uomo; nell’uomo c’è spazio per Dio”. Fratelli carissimi, non permettiamo che questo spazio venga interamente occupato e devastato dal peccato. Facciamo posto a Dio nei nostri cuori guardando a Maria che ci mostra il Figlio suo, stringendolo tra le braccia, come in un ostensorio, con materno stupore.
La pietà mariana è, per così dire, il “sistema immunitario” della fede della Chiesa; quando la devozione mariana si indebolisce, diminuiscono pure le difese immunitarie tanto dei singoli quanto di una comunità. Questo nostro annuale pellegrinaggio è un antidoto contro il male, e tuttavia non ci dispensa dal quotidiano compito di lasciarci guidare da Maria nella meditazione dei misteri di Cristo. “Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere – osservava il beato Paolo VI – il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui ci conduce”.
La motivazione per cui il popolo folignate prende d’assedio ogni anno questo Santuario non va cercata solo nella forte spinta suscitata da qualche necessità, ma nell’ardente desiderio di far provvista di speranza e, più di quanto non si pensi, di ringraziare. La gratitudine, più e prima ancora che la supplica, è il fattore che spiega l’attaccamento a questo simulacro della Vergine Maria. Come il Signore Dio ha voluto aver bisogno di una Madre, così l’uomo non può fare a meno dello sguardo della Vergine Maria, in cui è riflesso quello del Figlio suo; gli occhi di Maria sono, per così dire, lo specchio degli occhi di Gesù su cui riposa lo sguardo “sereno e benigno” del Padre.
L’arte cristiana ha nel suo archivio una galleria di immagini straordinarie, soprattutto Pietà e Madonne con il Bambino, che mostrano la dolcezza dello sguardo materno della Vergine Maria, “portavoce della preghiera della Chiesa presso il Figlio suo”. Che Maria Vergine sia interprete e garante delle necessità di noi suoi figli, anticipando addirittura le nostre richieste di aiuto, lo testimonia la pagina che narra il primo segno compiuto da Gesù nel contesto di una festa di nozze, con il quale Egli manifesta la sua gloria, suscitando la fede dei suoi discepoli. Durante quella festa viene a mancare il vino e Maria, tanto attenta quanto discreta, lo fa notare subito al Figlio suo: “Non hanno vino” (Gv 2,3). Maria non osa forzare la mano a Gesù, ma aprendo le proprie mani gli manifesta una grave necessità. Ella non gli chiede un “anticipo” sull’ora della Pasqua, ma una “primizia” della pienezza della gioia pasquale.
“Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Il dialogo tra Maria e Gesù, iniziato con il linguaggio delle mani, prosegue con la luminosità degli occhi. L’intenso dialogo, fatto di silenziosi sguardi, tra la Madre e il Figlio suo deve essere stato così persuasivo che Maria non esita a dire ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (Gv 2,5). Queste parole, ispirate dal Fiat dell’Annunciazione, dettano alla Chiesa l’Amen della fede. Quando Maria parla con Dio Gli dice: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua Parola” (Lc 1,38); quando invece si rivolge alla Chiesa, le ripete le stesse parole rivolte ai servi a Cana di Galilea. Non si tratta di un comando e nemmeno di un consiglio materno, ma di una supplica rivolta alla Chiesa, sempre esposta all’insidia di “non avere più vino”.
“Riempite d’acqua le anfore” (Gv 2,7). I servitori eseguono l’ordine ricevuto riempiendo, “fino all’orlo”, sei grandi anfore di pietra; Gesù trasforma l’acqua in un vino eccellente e ordina di portarlo a chi dirige il banchetto. Con questo “segno” Egli si rivela come lo Sposo messianico, venuto a stabilire il suo patto nuziale con l’umanità. Il vino, simbolo della gioia dell’amore, allude anche al sangue che Gesù verserà sulla Croce davanti a sua Madre, la quale, trafitta dalla spada del dolore, inaugura la sua opera di intercessione. Dante parla della sollecitudine materna di Maria nel XXXIII Canto del Paradiso, ponendo sulle labbra di san Bernardo un’orazione sublime, che in italiano corrente potrebbe essere resa così: “Donna, sei tanto grande e tanto vali, che chi nel bisogno non chiede la tua grazia, è come se il suo desiderio volesse volar senz’ali. La tua benignità non solo viene in aiuto a chi la chiede, ma molte volte liberamente ne anticipa la preghiera”.
Fratelli carissimi, il segreto che rinnova ogni anno il prodigio di convenire in gran numero presso questo Santuario è la serena fiducia nella premura materna di Maria. Questa testimonianza di fede mi commuove profondamente, mi colma di meraviglia e mi fa gustare la gioia grande di portare il “peso dolce e leggero” del “giogo di grazia” della guida pastorale della Diocesi di Foligno. Forse in mezzo a questa folla numerosa si nasconde o si confonde anche chi soffre di “mal d’incenso”, e tuttavia non ha rinunciato a quest’appuntamento di preghiera, anche solo per gustare la dolcezza dello sguardo sereno di Maria. Se un figlio si vergogna di sua madre è incurabile, ma è inguaribile se ha timore di arrossire o di piangere davanti a lei; analogamente, se un cristiano è allergico al Rosario o ritiene che la devozione mariana sia “roba da vecchierelle” è miserabile.
“In Maria – osservava Benedetto XVI – contempliamo che in Dio c’è spazio per l’uomo; Ella, unita a Dio, è vicinissima, ha il cuore largo come il cuore di Dio. Ma c’è anche l’altro aspetto: non solo in Dio c’è spazio per l’uomo; nell’uomo c’è spazio per Dio”. Fratelli carissimi, non permettiamo che questo spazio venga interamente occupato e devastato dal peccato. Facciamo posto a Dio nei nostri cuori guardando a Maria che ci mostra il Figlio suo, stringendolo tra le braccia, come in un ostensorio, con materno stupore.
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno