CONSIGLIO PASTORALE
La XV Assemblea Generale Ordinaria dei Sinodo dei Vescovi, a cui ho avuto la grazia di partecipare come padre sinodale, non è un hortus conclusus, bensì un giardino che potrà fiorire in tutte le realtà locali, chiamate a dare concretezza al processo avviato. I giovani da “oggetto” hanno saputo farsi “protagonisti” del cammino sinodale, “soggetti” degni di un credito di fiducia. Con le loro testimonianze fresche e appassionate, con le loro parole impregnate di vita, hanno ritmato lo svolgimento dei lavori. Grazie all’interazione coi giovani, i padri sinodali hanno svolto un vero itinerario “metacomunicativo”, passando da una comunicazione molto istituzionale e un po’ ingessata ad una concreta condivisione. Senza voler promuovere l’illusione di una inappropriata simmetria, i padri sinodali hanno saputo entrare nel gioco della reciprocità, cui i ragazzi li hanno invitati in modo molto informale.
Non “la Chiesa e i giovani”, ma “i giovani nella Chiesa”: questo è il primo frutto che l’assemblea sinodale ha portato, dando la parola alle nuove generazioni, degnamente rappresentate da 34 uditori provenienti da tutto il mondo. Senza i loro apprezzamenti educatamente rumorosi, senza la parresía e l’entusiasmo dei loro interventi, molti temi delicati non avrebbero potuto essere affrontati con tanta lucida serenità. Attraverso le loro testimonianze, la realtà multiforme delle nuove generazioni è entrata nell’assemblea sinodale da tutte le parti: da ogni continente e da tante diverse situazioni umane e sociali. Il contributo dei giovani, tanto nelle congregazioni generali quanto nei circoli minori, ha riportato l’assemblea sinodale al suo significato originario: non una procedura della Chiesa-istituzione, ma un cammino comune della Chiesa-popolo, senza il quale nessun contenuto può passare.
Porto nel cuore, come provvista per il cammino da proseguire, quanto ha confidato Papa Francesco nella celebrazione eucaristica che ha concluso l’assemblea, non il cammino sinodale. “Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti (…). La fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale (…). Prossimità: ecco il segreto per trasmettere il cuore della fede (…). Farsi prossimi è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte (…). La fede è questione di incontro, non di teoria”.
La XV Assemblea Generale Ordinaria dei Sinodo dei Vescovi, a cui ho avuto la grazia di partecipare come padre sinodale, non è un hortus conclusus, bensì un giardino che potrà fiorire in tutte le realtà locali, chiamate a dare concretezza al processo avviato. I giovani da “oggetto” hanno saputo farsi “protagonisti” del cammino sinodale, “soggetti” degni di un credito di fiducia. Con le loro testimonianze fresche e appassionate, con le loro parole impregnate di vita, hanno ritmato lo svolgimento dei lavori. Grazie all’interazione coi giovani, i padri sinodali hanno svolto un vero itinerario “metacomunicativo”, passando da una comunicazione molto istituzionale e un po’ ingessata ad una concreta condivisione. Senza voler promuovere l’illusione di una inappropriata simmetria, i padri sinodali hanno saputo entrare nel gioco della reciprocità, cui i ragazzi li hanno invitati in modo molto informale.
Non “la Chiesa e i giovani”, ma “i giovani nella Chiesa”: questo è il primo frutto che l’assemblea sinodale ha portato, dando la parola alle nuove generazioni, degnamente rappresentate da 34 uditori provenienti da tutto il mondo. Senza i loro apprezzamenti educatamente rumorosi, senza la parresía e l’entusiasmo dei loro interventi, molti temi delicati non avrebbero potuto essere affrontati con tanta lucida serenità. Attraverso le loro testimonianze, la realtà multiforme delle nuove generazioni è entrata nell’assemblea sinodale da tutte le parti: da ogni continente e da tante diverse situazioni umane e sociali. Il contributo dei giovani, tanto nelle congregazioni generali quanto nei circoli minori, ha riportato l’assemblea sinodale al suo significato originario: non una procedura della Chiesa-istituzione, ma un cammino comune della Chiesa-popolo, senza il quale nessun contenuto può passare.
Porto nel cuore, come provvista per il cammino da proseguire, quanto ha confidato Papa Francesco nella celebrazione eucaristica che ha concluso l’assemblea, non il cammino sinodale. “Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti (…). La fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale (…). Prossimità: ecco il segreto per trasmettere il cuore della fede (…). Farsi prossimi è l’antidoto contro la tentazione delle ricette pronte (…). La fede è questione di incontro, non di teoria”.
I frutti dell’assemblea sinodale stanno “fermentando”, come fa il succo dell’uva nelle botti dopo la vendemmia, e promette del buon vino. “Il primo frutto di questa assemblea sinodale – avverte Papa Francesco – dovrebbe stare proprio nell’esempio di un metodo che si è cercato di seguire, fin dalla fase preparatoria. Uno stile sinodale che non ha come obiettivo principale la stesura di un documento, che pure è prezioso e utile. Più del documento però è importante che si diffonda un modo di essere e lavorare insieme, giovani e anziani, nell’ascolto e nel discernimento, per giungere a scelte pastorali rispondenti alla realtà”. È necessario avviare, decisamente, un processo di rinnovamento della pastorale giovanile, segnata da una sorta di “peccato originale”. Essa, infatti, concentrata sulla cultura del come rischia di perdere di vista il perché, cioè l’orientamento; sbilanciata sulla preposizione semplice per corre il pericolo di dimenticare il con, cioè il fondamento; assediata dalle iniziative “a pioggia” delle tecniche di animazione, stenta sia a compiere il passaggio all’irrigazione “a goccia” degli itinerari di accompagnamento vocazionale, sia a riconoscere che “i sogni degli anziani e le visioni dei giovani accadono insieme” (cf. Gl 3,1).
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno
13-12-2018