Un ingente debito di gratitudine, contratto il 14 gennaio 1703, rende ragione dell’annuale “plebiscito d’amore” alla Madonna del Pianto. Questa venerata immagine, da oltre tre secoli, custodisce “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” del popolo folignate. Qui la Vergine Maria è abituata a cogliere negli occhi i nostri stati d’animo; qui la Madonna è allenata a leggere il libro della preghiera scritto con l’inchiostro delle nostre lacrime; qui la Madre di Gesù, come a Cana di Galilea, intuisce con il suo sguardo le attese e le sofferenze dei nostri cuori.
“Lo sguardo di Maria – si legge nella lettera apostolica di Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae –, sempre ricco di adorante stupore, non si staccherà mai dal Figlio suo. Sarà talora uno sguardo interrogativo, come nell’episodio dello smarrimento nel tempio (cf. Lc 2,48); sarà in ogni caso uno sguardo penetrante, capace di leggere nell’intimo di Gesù, fino a percepirne i sentimenti nascosti e a indovinare le scelte, come a Cana (cf. Gv 2,5); altre volte sarà uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in un certo senso, lo sguardo della partoriente, giacché Maria accoglierà il nuovo figlio a lei consegnato nel discepolo prediletto (cf. Gv 19,26-27); nel mattino di Pasqua sarà uno sguardo radioso per la gioia della risurrezione e, infine, uno sguardo ardente per l’effusione dello Spirito santo nel giorno di Pentecoste (cf. At 1,14)”.
Nello sguardo di Maria, la tenerezza si mescola a una certa tristezza e preoccupazione: con una mano stringe Gesù verso di sé e con l’altra lo offre. “Dal suo grembo – osserva Papa Francesco – imparò ad ascoltare il battito del cuore del suo Figlio e questo le insegnò a scoprire il palpitare di Dio nella storia. Imparò ad essere madre e, in quell’apprendistato, donò a Gesù la bella esperienza di sapersi Figlio. In Maria, il Verbo eterno non soltanto si fece carne ma imparò a riconoscere la tenerezza materna di Dio. Con Maria, il Dio-Bambino imparò ad ascoltare gli aneliti, le angosce, le gioie e le speranze del popolo della promessa (…). Nei Vangeli Maria appare come donna di poche parole, senza grandi discorsi né protagonismi ma con uno sguardo attento che sa custodire la vita e la missione del suo Figlio (…). Ha saputo custodire gli albori della prima comunità cristiana, e così ha imparato ad essere madre di una moltitudine. Si è avvicinata alle situazioni più diverse per seminare speranza. Ha accompagnato le croci caricate nel silenzio del cuore dei suoi figli”.
Il simulacro della Madonna del Pianto, sebbene raffiguri la Madre del Signore con il Bambino, ha somiglianze di espressione e di posizione con la Pietà, il cui sguardo grave e compassionevole, denso di dolcezza e sofferenza, si piega all’Amen del Figlio suo poiché è tutta unita nell’offerta che Egli ha fatto al Padre sulla Croce. Davanti a questa venerata immagine, ciascuno di noi, quasi istintivamente, è portato a dire quanto suggerisce un antico inno liturgico: “Guardarti semplicemente – Madre –, tenendo aperto solo lo sguardo; guardarti tutta senza dirti nulla, e dirti tutto, muto e riverente”. Il nostro sguardo, lubrificato dalle lacrime, è una preghiera silenziosa, che sale fino al cielo; in Maria trova sempre posto, sotto il suo manto, ogni nostra lacrima. “Non sciupare le tue lacrime – raccomandava don Tonino Bello –. Se le versi per terra diventano fango; se le rivolgi al cielo brillano come perle al sole. Gli uomini non le raccolgono perché ne ignorano il valore. Dinanzi alle tue pene altro non sanno fare che tacere. Ma c’è chi le conosce, chi le raccoglie, se tu gliele porgi, e le conta una a una, e le semina per trarne frutti di consolazione”.
Fratelli carissimi, le lacrime sono un codice espressivo plastico, benché silenzioso. A ciascuna di esse si può attribuire quello che il Salmista dice del linguaggio verbale: “La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta” (Sal 138,4). Una lacrima supera in eloquenza tutte le parole! Le lacrime sono il segno visibile della nostra sete di vita: esprimono la più recondita e intensa interiorità. Il pianto – sono i bambini a rivelarlo – è la manifestazione di un bisogno vitale: la fame di stabilire relazioni. San Gregorio Nazianzeno affermava che le lacrime sono un battesimo; San Francesco, dal canto suo, diceva che “al giudizio finale verranno pesate soltanto le lacrime”. La nostra biografia può essere raccontata anche attraverso le lacrime, quelle versate o rimaste nascoste: lacrime di gioia e di commozione luminosa, di notte oscura e di lacerazione, di pentimento e di contrizione. Alla Madonna del Pianto, “esperta del soffrire” oltre che del gioire, chiediamo di presentare al Figlio suo l’autobiografia delle nostre lacrime!
+ Gualtiero Sigismondi