Intervento al termine dell’Assemblea Diocesana 2019

21-09-2019

Assemblea diocesana – Foligno 21 settembre 2019

L’inno paolino alla sapienza di Dio (cf. Rm 11,33-36) sigilla questo appuntamento assembleare in cui abbiamo approfondito l’Evangelii gaudium, come ha raccomandato Papa Francesco al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze del 2015. C’è stata una certa pigrizia nel rispondere a questo invito; forse, per le stesse ragioni che, qualche decennio fa, il patriarca Atenagora così esprimeva: “Abbiamo fatto della Chiesa un’organizzazione fra tante altre. Tutte le nostre energie sono state spese per metterla in assetto, e ora si spendono a farla funzionare. E funziona, più o meno, piuttosto meno che più, ma funziona. Soltanto funziona come una macchina (…) e non come la vita! (…). La Chiesa è il Corpo di Cristo. Ciò che la costituisce non è un’organizzazione, è il mistero del Cristo, l’Eucaristia”.
Provocati da alcuni giovani della nostra Diocesi i quali, “a viso aperto”, ci hanno presentato le loro visioni e anche le loro critiche, occorre riconoscere che “l’utopia serve a camminare”, a “frequentare la storia”. La comunità ecclesiale non può rinunciare a confrontarsi con la storia, luogo dell’azione umana e, insieme, della Provvidenza divina. “Se Dio – osservava Augusto Del Noce – si è rivelato nella storia, senza peraltro risolversi in essa, allora la questione della sua presenza nel corso degli eventi storici assume una rilevanza fondamentale per il credente”. Le sfide che la storia pone all’evangelizzazione non sono ostacoli ma opportunità di crescita.
“L’evangelizzazione – scriveva Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi – non sarebbe completa se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale, dell’uomo”. La fede non può rifugiarsi in uno spiritualismo intimistico e disincarnato, chiuso entro le mura del tempio. Resta sempre valido l’interrogativo posto da Thomas Stearns Eliot, nel 1934, in Cori da “La Rocca”: “È l’umanità ad aver abbandonato la Chiesa, o è la Chiesa ad aver abbandonato l’umanità?”. Non si tratta di una domanda retorica, ma di un appello al dialogo, non solo con il mondo ma anche dentro la Chiesa. La compresenza di voci progressiste e conservatrici è fisiologica, ma non lo è l’opposizione frontale tra chi entra difficilmente nell’idea del rinnovamento conciliare e chi cerca nuovi spazi alla missione ecclesiale.
Papa Francesco ci sollecita a trovare strade sempre nuove di evangelizzazione, come quella deserta che scende da Gerusalemme a Gaza percorsa da Filippo (cf. At 8,26-40). Lungo questa strada, se non riusciamo a “guardare i campi che già biondeggiano per la mietitura” (cf. Gv 4,35), non rinunciamo a scorgere, come ha fatto Geremia, un ramo di mandorlo in fiore (1,11), segno di novità e di vita in un panorama invernale. In ebraico mandorlo (shaqued) significa “il vigilante”; giocando sull’ambivalenza di questo termine, Dio dice a Geremia. «Hai visto bene, poiché io vigilo (shoqued) sulla mia Parola per realizzarla» (1,12).

+ Gualtiero Sigismondi