Solennità di Tutti i Santi, 2019 – Basilica di San Pietro, Altare della Cattedra
Nella solennità di Tutti i Santi lo sguardo della Chiesa pellegrina sulla terra si spinge verso l’orizzonte del Cielo. I santi non sono una “esigua casta di eletti”, ma una “moltitudine immensa” (cf. Ap 7,9), un’assemblea numerosa, gloriosa e festosa. Come quella dell’Acr! Se grande è il numero dei santi che si ergono sul Colonnato del Bernini e che tappezzano le pareti interne ed esterne della Basilica Vaticana, ben più grande è il numero di quanti, nella ferialità della loro vita terrena, hanno cercato “le cose di lassù” (cf. Col 3,1-2).
I santi, quelli “elevati alla gloria degli altari” e quelli della “porta accanto”, risplendono come esploratori delle altezze, come scalatori della “catena montuosa delle Beatitudini”. Proclamate da Gesù sulla cattedra della montagna, le Beatitudini si coniugano al presente, anzi, al “futuro presente”. Le Beatitudini non sono raccomandazioni, ma promesse: si commentano con la storia della Chiesa, che traduce in tutte le lingue della fragilità umana la pagina di cristologia del giudizio finale (cf. Mt 25,31-46). Le Beatitudini vanno controcorrente, contromano, e tuttavia mettono al riparo dalla collisione con il peccato e dalla collusione con il Maligno.
“Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo?” (Sal 24,3). A questo interrogativo – posto dal Salmista – si può rispondere osservando che il monte del Signore lo si può scalare solo “in cordata”. Come non è possibile parlare della santità in astratto, ma in concreto, contemplando nei santi le “meraviglie della multiforme grazia di Dio”, così non è possibile parlare della santità al singolare, ma al plurale: la santità è, in un certo senso, un fatto singolare perché plurale! La storia della Chiesa mostra non solo che i santi sono fioriti in tutte le stagioni, ma anche che il giardino della santità, pur non essendo un giardino botanico, conosce una straordinaria diversità di fiori cresciuti sempre uno accanto all’altro, uno insieme all’altro. “Il bel giardino del Signore – osserva sant’Agostino – possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove”. Fratelli carissimi, la santità è polifonica: la santità della preghiera, la santità del servizio, la santità della sofferenza. Dio, “Padre veramente santo”, è “sorgente e modello di ogni santità”.
La santità è il nostro destino di battezzati! I santi sono coloro che hanno compiuto il lungo pellegrinaggio che dal fonte battesimale conduce alla Gerusalemme del cielo. “I santi non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli – afferma Papa Francesco – alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. I santi sono nostri fratelli e sorelle che hanno accolto la luce di Dio nel loro cuore e l’hanno trasmessa al mondo, ciascuno secondo la propria tonalità”. I Santi sono, in un certo senso, costellazioni di Dio che illuminano le notti di questo mondo e ci aiutano ad “affrettare nella speranza” il nostro cammino verso i beni eterni. I Santi sono stelle di Dio rese luminose dal contatto con la Parola.
Se si volesse fare l’acrostico del termine santi si potrebbero individuare, anzitutto, cinque aggettivi e altrettanti sostantivi: semplici, cioè integri, perché impegnati a cercare l’essenziale; affabili, cioè amabili, perché vicini al Signore e al Suo popolo; nobili, cioè liberi, perché resi tali dalla docilità alla grazia; trasparenti, cioè autorevoli, perché limpidi nelle intenzioni e nelle opere; intrepidi, cioè agili, perché tessitori di comunione. Nelle lettere del termine santi oltre agli aggettivi è possibile trovare alcuni sostantivi: scalatori delle vette delle Beatitudini; amici e modelli di vita; navigatori coraggiosi nell’esplorare le rotte del Vangelo; testimoni credibili di Cristo; intercessori affidabili della preghiera della Chiesa.
Nel celebrare “i meriti e la gloria di Tutti i Santi”, facciamo nostro l’ammonimento di san Bernardo: “Destiamoci dalla nostra deplorevole apatia (…). Anticipiamo con i voti dell’anima la condizione di coloro che ci attendono (…). A che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?”. A questa domanda san Bernardo risponde con chiarezza: “I nostri santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri”.
Carissimi amici dell’Acr, i vostri cuori siano un roveto ardente di sante aspirazioni! La solennità odierna è, per così dire, la “festa del ciao” a Tutti i Santi.
+ Gualtiero Sigismondi