Foligno, 5 giugno 2015
CONSIGLIO PASTORALE
“Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere decentrati: al centro c’è solo il Signore!”. Questa sottolineatura – compiuta da Papa Francesco il 7 marzo scorso, in occasione del suo incontro con il Movimento di Comunione e liberazione – suggerisce un criterio sempre valido di discernimento spirituale e pastorale. La sfida della nuova evangelizzazione si gioca su questo punto fondamentale: come incontrare Cristo? Qual è il luogo più coerente per trovarlo e per seguirlo? Come tradurre il rapporto con Cristo in stili di vita coerenti?
Nell’omelia della Veglia di Pentecoste ho affermato che lo Spirito santo geme perché desidera rinnovare i nostri cuori invecchiati nel peccato; ho aggiunto che lo Spirito di Dio preme perché desidera sentire, nei nostri gesti e nelle nostre parole, l’eco della profezia; ho osato dire che lo Spirito del Signore freme perché il nostro respiro missionario si è fatto corto e pesante, perché non è ossigenato dalla preghiera e dalla concordia. E tuttavia, è motivo di grande consolazione il fatto che possediamo le “primizie dello Spirito”, il quale “viene in aiuto alla nostra debolezza”, “intercede con gemiti inesprimibili secondo i disegni di Dio” (Rm 8,26-27).
L’eco dei “gemiti” dello Spirito santo l’ho ascoltata in una lettera che mi ha inviato, qualche giorno prima di Pentecoste, una persona che segue le vicende ecclesiali con interesse, ma rimanendo a una certa distanza. Non posso fare a meno di citare un frammento di tale confidenza, che ha valore di testimonianza: “Chi le scrive è un credente di confine. Se posso aiutarmi con un’immagine, sono come sospeso sopra una valle bellissima apprezzandone dall’alto il paesaggio, i colori, i suoni che da essa provengono e avvertendone le suggestioni. Sento la voce del vento che la percorre, quel vento che soffia dove vuole, ma che non sai da dove viene né dove va, senza avere il coraggio di farmi trasportare”.
Papa Francesco, nel discorso tenuto di recente alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, ha osservato che se vogliamo contribuire alla rinascita della fede la sola possibilità è quella di trasmetterla attraverso la testimonianza. “I grandi cambiamenti del nostro tempo sono una felice provocazione a cogliere i segni dei tempi che il Signore offre alla Chiesa perché sia capace di portare Gesù Cristo agli uomini del nostro tempo. La missione è sempre identica, ma il linguaggio con cui annunciare il Vangelo chiede di essere rinnovato, con saggezza pastorale (…). I tempi sono di grandi sfide, che non dobbiamo aver paura di fare nostre. Infatti, solo nella misura in cui ce ne faremo carico saremo capaci di offrire risposte coerenti perché elaborate alla luce del Vangelo. È questo ciò che gli uomini attendono oggi dalla Chiesa: che sappia camminare con loro offrendo la compagnia della testimonianza della fede, che rende solidali con tutti, in particolare con i più soli ed emarginati. Quanti poveri – anche poveri nella fede – attendono il Vangelo che libera! Quanti uomini e donne, nelle periferie esistenziali generate dalla società consumista, attendono la nostra vicinanza e la nostra solidarietà!”.
“La via della Chiesa è l’uomo”. Questa affermazione, che san Giovanni Paolo II ha posto al centro del suo magistero petrino, lascia intendere che incontrare le persone anche in momenti e in luoghi inaspettati o non programmati costituisce un terreno fertile per intraprendere il cammino dell’evangelizzazione. “Quando due persone si incontrano – osserva il card. Luis Antonio Gokim Tagle – avviene la missione, che non è solo dialogo da sostenere in modo intenso, paziente e prolungato, ma anche crescita nel rapporto personale con il Signore”. Tale rapporto è mediato dalla Chiesa la quale, lamenta Marko Ivan Rupnik, “è intraprendente, stanca, per quanto bene realizza, che però non affascina nessuno: una Chiesa brava non attira nessuno, perché è solo una Chiesa bella che fa innamorare”. E l’autentica bellezza della Chiesa è la comunione!
CONSIGLIO PASTORALE
“Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere decentrati: al centro c’è solo il Signore!”. Questa sottolineatura – compiuta da Papa Francesco il 7 marzo scorso, in occasione del suo incontro con il Movimento di Comunione e liberazione – suggerisce un criterio sempre valido di discernimento spirituale e pastorale. La sfida della nuova evangelizzazione si gioca su questo punto fondamentale: come incontrare Cristo? Qual è il luogo più coerente per trovarlo e per seguirlo? Come tradurre il rapporto con Cristo in stili di vita coerenti?
Nell’omelia della Veglia di Pentecoste ho affermato che lo Spirito santo geme perché desidera rinnovare i nostri cuori invecchiati nel peccato; ho aggiunto che lo Spirito di Dio preme perché desidera sentire, nei nostri gesti e nelle nostre parole, l’eco della profezia; ho osato dire che lo Spirito del Signore freme perché il nostro respiro missionario si è fatto corto e pesante, perché non è ossigenato dalla preghiera e dalla concordia. E tuttavia, è motivo di grande consolazione il fatto che possediamo le “primizie dello Spirito”, il quale “viene in aiuto alla nostra debolezza”, “intercede con gemiti inesprimibili secondo i disegni di Dio” (Rm 8,26-27).
L’eco dei “gemiti” dello Spirito santo l’ho ascoltata in una lettera che mi ha inviato, qualche giorno prima di Pentecoste, una persona che segue le vicende ecclesiali con interesse, ma rimanendo a una certa distanza. Non posso fare a meno di citare un frammento di tale confidenza, che ha valore di testimonianza: “Chi le scrive è un credente di confine. Se posso aiutarmi con un’immagine, sono come sospeso sopra una valle bellissima apprezzandone dall’alto il paesaggio, i colori, i suoni che da essa provengono e avvertendone le suggestioni. Sento la voce del vento che la percorre, quel vento che soffia dove vuole, ma che non sai da dove viene né dove va, senza avere il coraggio di farmi trasportare”.
Papa Francesco, nel discorso tenuto di recente alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, ha osservato che se vogliamo contribuire alla rinascita della fede la sola possibilità è quella di trasmetterla attraverso la testimonianza. “I grandi cambiamenti del nostro tempo sono una felice provocazione a cogliere i segni dei tempi che il Signore offre alla Chiesa perché sia capace di portare Gesù Cristo agli uomini del nostro tempo. La missione è sempre identica, ma il linguaggio con cui annunciare il Vangelo chiede di essere rinnovato, con saggezza pastorale (…). I tempi sono di grandi sfide, che non dobbiamo aver paura di fare nostre. Infatti, solo nella misura in cui ce ne faremo carico saremo capaci di offrire risposte coerenti perché elaborate alla luce del Vangelo. È questo ciò che gli uomini attendono oggi dalla Chiesa: che sappia camminare con loro offrendo la compagnia della testimonianza della fede, che rende solidali con tutti, in particolare con i più soli ed emarginati. Quanti poveri – anche poveri nella fede – attendono il Vangelo che libera! Quanti uomini e donne, nelle periferie esistenziali generate dalla società consumista, attendono la nostra vicinanza e la nostra solidarietà!”.
“La via della Chiesa è l’uomo”. Questa affermazione, che san Giovanni Paolo II ha posto al centro del suo magistero petrino, lascia intendere che incontrare le persone anche in momenti e in luoghi inaspettati o non programmati costituisce un terreno fertile per intraprendere il cammino dell’evangelizzazione. “Quando due persone si incontrano – osserva il card. Luis Antonio Gokim Tagle – avviene la missione, che non è solo dialogo da sostenere in modo intenso, paziente e prolungato, ma anche crescita nel rapporto personale con il Signore”. Tale rapporto è mediato dalla Chiesa la quale, lamenta Marko Ivan Rupnik, “è intraprendente, stanca, per quanto bene realizza, che però non affascina nessuno: una Chiesa brava non attira nessuno, perché è solo una Chiesa bella che fa innamorare”. E l’autentica bellezza della Chiesa è la comunione!
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno
05-06-2015