‘Giovani e lavoro’ ‘ Foligno, 15 marzo 2012
La società ha bisogno di giovani generosi, che sappiano farsi carico responsabilmente del loro futuro. Essi non sono semplicemente la ‘speranza del domani’, come recita la retorica più banale; essi sono il presente, non soltanto il futuro! Né il paternalismo né l’ingenuità può farci dimenticare le molteplici difficoltà che i giovani incontrano: la fatica a scoprire e a decifrare i desideri che si annidano nei loro cuori, distinguendo chiaramente i sogni dai miraggi e le aspirazioni dalle ambizioni; la tendenza a isolarsi, che si esprime nella smania di stabilire contatti superficiali, connessioni continue, piuttosto che relazioni profonde; la piaga della disoccupazione e quella della precarietà del lavoro, che mettono a rischio i loro progetti; la resistenza a compiere scelte tendenzialmente definitive, anche in campo sentimentale. Tali difficoltà favoriscono il dilagare della tristezza che, se supera il livello di guardia, degenera in noia, la quale smaschera l’assenza di ogni attesa, rendendo inesorabile il cortocircuito della nausea della vita.
Nella formazione delle nuove generazioni assume un ruolo importante la dimensione culturale. La crisi di una società inizia quando essa non sa più tramandare i suoi valori fondamentali alle nuove generazioni. Non mi riferisco solo e semplicemente al sistema scolastico. La questione è più ampia, e tuttavia si tratta di attivare iniziative per potenziare l’orientamento scolastico e portare i ragazzi a contatto con le aziende, facendo respirare loro ‘l’aria della fabbrica’. Il superamento della frattura tra mondo della scuola e mondo del lavoro è affidato allo stage, che prevede l’inserimento temporaneo nel circuito produttivo. Occorre una sinergia che metta i giovani nelle condizioni di scegliere un indirizzo preciso, incentivando non solo la formazione tecnica ma anche l’apprendimento dell’inglese, presupposto necessario per esplorare la frontiera dell’Export, come pure la conoscenza delle organizzazioni del ‘Terzo settore’, che mostrano una buona capacità di individuare e di interpretare le nuove esigenze dei cittadini, una grande prontezza nell’adottare pratiche innovative e un’attenzione alla qualità dei servizi.
Fu il compianto prof. Marco Biagi a scorgere l’orizzonte dei cosiddetti ‘contratti atipici’: lavoro a chiamata, staff leasing, lavoro accessorio, a progetto. ‘Proprio nei giorni in cui è stato ucciso ‘ ricorda sua moglie Marina ‘, Marco mi parlava di una cosa che riguardava i ragazzi. Era consapevole che la società si stava trasformando e che un lavoro per tutta la vita sarebbe stata una cosa praticamente impossibile. Aveva in mente che bisogna difendere i lavori brevi, fare in modo che le persone che non hanno un lavoro protetto abbiano anche dei diritti’. Marco Biagi non è stato l’inventore del ‘precariato’ ‘ inteso come una sorta di status destinato a prendere il posto del ‘proletariato’ ‘, ma il precursore della riforma del ‘mercato del lavoro’, che domanda agli imprenditori di aprire le aziende ai giovani, affinché ne comprendano i complessi meccanismi, e chiede alle organizzazioni sindacali di tutelare non solo il salario, ma anche la sicurezza sul posto di lavoro e la possibilità di incidere nei meccanismi decisionali, facendo convergere gli interessi delle imprese e dei lavoratori.
I nostri ragazzi devono ritrovare la voglia di vivere, di rischiare, di sognare un’impresa creata con il proprio talento e il proprio sacrificio, superando la fossilizzazione della ricerca di un posto di lavoro come dipendente. Devono avere la fiducia di poter fare quello che milioni di italiani hanno compiuto nel dopoguerra, seguendo il vecchio motto di Enzo Ferrari: ‘Se lo puoi sognare, lo puoi fare’. E la ‘prima mossa’ è questa: come si apre una partita Iva? dove si trovano i finanziamenti? quali canali seguire per farsi dare una mano? Oggi, grazie alle tecnologie, una buona idea può tramutarsi subito in una grande opportunità. La società ha bisogno di giovani interiormente aperti, curiosi di imparare, disposti a investire sulla microeconomia e a scommettere sul modello cooperativo che, a differenza di quello competitivo, guarda al bene comune. Essi devono essere aiutati a trasferire al mondo del lavoro le originarie esigenze del cuore. L’amore è fatto, oltre che di sentimento, di responsabilità, di costanza, e anche di senso del dovere.
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno