Festa della dedicazione della Cattedrale di San Feliciano, 21 settembre 2014
“La dedicazione della casa di preghiera è la festa della nostra comunità. Questo edificio è diventato la casa del nostro culto. Ma noi stessi siamo casa di Dio. Veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli” (Sermo 336). Queste parole di sant’Agostino rivelano il senso della festività odierna, in cui ricordiamo il giorno della dedicazione della Cattedrale di san Feliciano che, nel suo sormontare i tetti della nostra città, è quella casa nella quale il vescovo siede sulla cattedra come colui che presiede, “in loco Dei Patris”, l’assemblea dei fedeli, “assemblea convocata” (cf. Lev 8,3).
La Cattedrale è la casa della nostra Chiesa particolare: una casa “edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti” (cf. Ef 2,20); una casa che ha Cristo come “pietra angolare”, “pietra viva, scelta e preziosa” (cf. 1Pt 2,4). La Chiesa è una casa ancora in costruzione per tutta la terra: è un cantiere aperto, in continuo allestimento, che avrà termine nella Gerusalemme celeste, “la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso” (Eb 11,10). “Mediante la fede – aggiunge sant’Agostino – diveniamo materiale disponibile per la costruzione come quando gli alberi e le pietre vengono tagliati dai boschi e dai monti (…). E tuttavia non diventiamo casa di Dio se non quando siamo uniti insieme dalla carità” (Sermo 336).
Fratelli carissimi, la festa della dedicazione della nostra Cattedrale è occasione favorevole per ravvivare la gioia e la consapevolezza che siamo “pietre vive” della “casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1Tm 3,15). La Chiesa è la “casa di Dio” addossata alla roccia, come quella di Nazaret, e poggiata sulla strada, come la Santa Casa di Loreto! Roccia e strada: due elementi costitutivi dell’edificio antisismico della Chiesa!
La Chiesa è, anzitutto, la casa edificata sulla roccia della fede di Pietro (cf. Mt 16,16-18), che i venti delle persecuzioni e le alluvioni dei peccati dei suoi membri non possono abbattere. La verità della stabilità della Chiesa può essere attinta a partire dalla sua relazione sponsale con Cristo e non dal suo pur necessario rapporto con il mondo. “Chi lo dimentica – nota argutamente il card. Giacomo Biffi –, credendo di fotografare la sposa del re, finisce col fotografare soltanto il suo guardaroba: gli abiti dimessi e impolverati di cui la riveste fatalmente la nostra povertà”.
La Chiesa è, inoltre, la casa poggiata lungo la strada, perché è nata camminando, quando Gesù ha chiamato a sé i primi discepoli lungo il mare (cf. Mt 4,18-22) e li ha inviati ad annunciare il Regno dei cieli “strada facendo” (cf. Mt 10,5-10), ricordando loro che “il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20). Papa Francesco non si stanca di invitarci a uscire fuori dalla sagrestia e a non rimanere all’ombra del campanile; la Chiesa, infatti, non può limitarsi a sbarcare il “lunario” dell’Anno liturgico senza fare dell’esodo il metodo della vita pastorale.
Fratelli carissimi, se la realtà della casa ci consente di delineare il volto del Corpo ecclesiale, a sua volta il mistero della Chiesa ci aiuta a definire la struttura della “chiesa domestica”, oggi rovinosamente esposta al pericolo di essere edificata sulla sabbia di una coincidenza di interessi egoistici, piuttosto che sulla roccia di un amore stabile, fedele e indissolubile. Non è difficile immaginare che, se il Signore entrasse nel tempio pagano delle attuali discussioni sulla famiglia “tradizionale” equiparata a quella “arcobaleno”, dovrebbe ripetere, con una frusta di cordicelle in mano, quanto ha gridato nel tempio di Gerusalemme occupato dai venditori di buoi, pecore e colombe e profanato dai cambiamonete: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!” (Gv 2,16). L’evangelista Giovanni annota che i discepoli, al sentire queste parole, “si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora” (Gv 2,17).
Il nostro zelo per la Chiesa non sarebbe sincero se non ci impegnassimo a ricavare tre stanze comunicanti nel laboratorio della pastorale familiare: quella mistagogica, riservata ai “corsi” di preparazione al matrimonio da trasformare in “percorsi” di fede; quella catecumenale, capace di contenere e di coinvolgere i genitori negli itinerari pre e post battesimali dei figli; quella kerygmatica, aperta ad accogliere le situazioni familiari difficili, testimoniando che “la Chiesa non è una dogana” ma una “casa paterna” che non ha “frontiere”, pur esigendo il “visto d’ingresso” dell’abito nuziale (cf. Mt 22,1-14), cioè l’anelito a lasciarsi guidare “a tutta la verità” (cf. Gv 16,13), a cui si arriva attraverso “le strade più misteriose del desiderio, della sofferenza e del peccato”.
Fratelli carissimi, è impossibile illuminare e arieggiare queste tre stanze della pastorale familiare se non si tiene aperta la “sala al piano superiore” (cf. Lc 22,12; At 1,13), riservata al silenzio, che rappresenta l’atrio di una “missione ecclesiale più coraggiosa e creativa”. Tanto nelle nostre “chiese domestiche” quanto nelle nostre “case della Chiesa” c’è bisogno di salire nella “stanza al piano superiore” – da non confondere con la mansarda o con la torre campanaria! – da dedicare, rispettivamente, alla preghiera e all’adorazione eucaristica. Il conferimento dell’accolitato a Simone Marchi ci ricorda che la Chiesa “ha il vertice e la fonte della sua vita nell’Eucaristia, mediante la quale si edifica e cresce come popolo di Dio”. Carissimo Simone, “il Signore ha messo l’Eucaristia nelle mani della Chiesa”: tu oggi ti avvicini all’altare affrettando nella speranza il giorno in cui vi salirai, quando sperimenterai, con meraviglia nuova, che l’Eucaristia è la “pietra d’angolo” della Comunità ecclesiale, la “struttura portante” della famiglia cristiana.
Nel domandare al Signore, con le stesse parole di Salomone, di tenere aperti i Suoi occhi, notte e giorno, verso le nostre case (cf. 1Re 8,29), Gli affidiamo non solo il cammino che l’assemblea diocesana ha aperto sulla trasmissione della fede in famiglia, ma anche quello dell’imminente assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ci sollecita a fare della pastorale familiare l’opera segno della “conversione missionaria”.
+ Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno