“Dov’è, o morte, la tua vittoria?”
Anche quest’anno il festoso annuncio pasquale risuona nel contesto di una nuova ondata dell’emergenza sanitaria che, come un’alluvione, ha spazzato via una moltitudine immensa di vite umane. I cipressi dei cimiteri sono testimoni della lunga processione di bare in cui sono state composte le spoglie di coloro che la pandemia ha condotto al “capolinea” dell’esistenza terrena nella solitudine più desolata. I cipressi, tanto radicati nella terra quanto slanciati verso il cielo, custodiscono il pianto, grondante di lacrime, di chi ha perso una persona cara senza poterle assicurare l’omaggio della vicinanza nel momento dell’agonia e la carezza di un ultimo sguardo.
Tra i ricordi più profondi del mio servizio episcopale folignate c’è un appuntamento importante, vissuto presso il Cimitero di Santa Maria in Campis. Risale alla primavera dell’anno scorso, venerdì 27 marzo, il giorno in cui Papa Francesco, al tramonto, avrebbe percorso da solo il sagrato di Piazza San Pietro sotto una pioggia battente, per supplicare il Signore, ai piedi del Crocifisso di San Marcello, e impartire, con l’Ostensorio in mano, la Benedizione Urbi et Orbi, amplificata dalle campane della Basilica Vaticana. Nella tarda mattinata di quello stesso giorno, dopo essermi raccolto in preghiera nella cappella dell’Ospedale “San Giovanni Battista”, ho varcato il cancello del Camposanto di Foligno. Una pioggia leggera e un vento impetuoso, che “schiaffeggiava” i cipressi, sono stati gli unici testimoni di quel mio incedere per i vialetti del Cimitero, ripetendo in silenzio: “Dov’è, o morte, la tua vittoria?” (cf. 1Cor 15,55). A mezzogiorno le campane, che come una sentinella vegliano sulle tombe dei nostri cari, mi hanno invitato a recitare l’Angelus, guardando la mole della torre campanaria che, per la sua singolare collocazione, annuncia a tutti, vivi e defunti, la fede della Chiesa nella risurrezione dei morti.
Sono tornato a salutare, poche ore prima di partire per la Diocesi di Orvieto-Todi, coloro che “ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace”. Giunto ai piedi del campanile, le campane hanno iniziato a suonare a festa, per annunciare la celebrazione della Messa. Questa coincidenza mi ha fatto avvertire il forte abbraccio della Comunione dei Santi. Ascoltando i rintocchi delle campane e le vibrazioni della torre campanaria ho pensato non solo alla compagnia che assicurano quotidianamente ai nostri defunti, ma anche all’appello che muovono a noi, pellegrini sulla terra, distratti e attratti dalle cose del mondo più che impegnati “a cercare e a rivolgere il pensiero alle cose di lassù” (cf. Col 3,1-2).
Durante l’ottava di Pasqua non può mancare all’appello una sosta al Cimitero centrale, non solo per visitare le tombe dei propri cari, ma anche per ridestare quella sete di infinito che il Redentore, “Autore della vita” (cf. At 3,15), non ha estinto ma ha placato spezzando le catene della morte. Anche chi non riesce più a sentire la profonda nostalgia di Dio che inquieta il cuore umano, non rinunci a recarsi a Santa Maria in Campis e a prestare attenzione al suono delle campane, ospite discreto del grande silenzio del Sabato santo.
+ Gualtiero Sigismondi