Esequie di Graziella Nizzi

16-10-2019

Esequie di Graziella NizziSantuario della Madonna del Pianto, 16 ottobre 2019

Fratelli carissimi, il Signore, che “dispone i tempi del nascere e del morire”, oggi ci ha radunato attorno a questo altare, di fronte al quale è deposta a terra la bara che custodisce le spoglie mortali di Graziella. Con la nostra preghiera di suffragio la affidiamo a Dio, che l’ha chiamata a Sé nella memoria di S. Teresa di Gesù, la grande mistica di Avila la quale, nelle sue Opere, scrive che “chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come Lui, può certo sopportare ogni cosa; Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente”.
Quanto questo sia vero Graziella l’ha testimoniato fino alla fine, con disarmante serenità. “La malattia – mi ha confidato la settimana scorsa – mi ha reso una larva. Mi consola la vicinanza dei miei familiari: nel momento dell’estrema solitudine, quello della malattia e della morte, è una grazia grande godere della loro presenza”. Accanto al suo letto, di lato, era appesa un’immagine della Madonna di Guadalupe; Graziella mi ha detto: “Ci teniamo d’occhio, in attesa di incontrarci”. Nel congedarmi, l’ho invitata ad offrire la sua sofferenza per le vocazioni al presbiterato e alla vita consacrata; dalla sua risposta ho inteso il vincolo di forte comunione con la Comunità Jesus Caritas di Charles de Foucauld: “Dopo fr. Piero e fr. Paolo adesso tocca a me”.
La vita è una “collana di giorni” che la morte spezza, e tuttavia Melitone di Sardi, un antico autore cristiano del II secolo, in un’omelia assicura: “Cristo è colui che ha coperto di confusione la morte e ha gettato nel pianto il Diavolo, come Mosè il Faraone”. Questo annuncio pasquale ci assicura che la morte è stata “calpestata come terra battuta”. La fede della Chiesa ci insegna che l’ultima parola autorevole sulla morte è la Risurrezione di Cristo. Papa Francesco, nell’enciclica Lumen fidei scrive: “La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino”.
Fratelli carissimi, la morte di Graziella ci ricorda quanto insegna il Salmista e cioè che gli anni della nostra vita terrena, breve o lunga che sia, “sono come un sogno del mattino, come l’erba che germoglia; al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e dissecca” (Sal 90,5-6). La parola di Dio ha il sovrumano potere di illuminare il mistero della morte, che toglie il respiro ma non ha la forza di soffocare la speranza. “Signore – così prega il Salmista –, non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi; erano tutti scritti nel tuo libro i giorni che furono fissati quando ancora non ne esisteva uno” (Sal 139,15-16).
Mentre eleviamo la nostra preghiera di suffragio per la nostra sorella Graziella, ci stringiamo attorno ai suoi familiari, la mamma, la sorella e il fratello. Può esservi di grande consolazione quanto scrive sant’Agostino, ripensando alla scomparsa di sua madre. “Se le anime dei morti si interessassero degli affari di questo mondo, e ci parlassero quando li vediamo in sogno, la mia santa madre, per non nominare gli altri, non mi abbandonerebbe una sola notte; lei, che mi ha seguito per terra e per mare, per vivere sempre con me. Mi riesce impossibile credere che la sua felicità l’abbia resa tanto crudele, al punto di non consolare nella sua tristezza e nella sua angoscia questo figlio, che era il suo solo amore e che lei non aveva mai potuto sopportare di vedere triste”.
Fratelli carissimi, la fede ci assicura che il Signore “ha le chiavi della vita e della morte”; eleviamo a Lui la nostra preghiera di suffragio per Graziella. Il Signore, “che renderà a ciascuno secondo le sue opere” (Rm 2,6), le conceda la vita eterna. La nostra sorella defunta non ha conosciuto nemmeno l’ombra dell’ipocrisia, malattia cronica dei farisei di ogni tempo, non ha “lasciato da parte la giustizia e l’amore di Dio”, “non ha amato i primi posti nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze” (cf. Lc 11,42-46). Ella ha vissuto, sine glossa, la spiritualità del “servo inutile” (cf. Lc 17,10), testimoniando che siamo semplicemente servi, non nel senso che non serviamo a niente, ma che non cerchiamo il nostro utile e non abbiamo rivendicazioni o pretese di alcun genere: siamo come un fiammifero che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte.
“Ti accolga Cristo che ti ha chiamato, gli Angeli ti conducano con Abramo in Paradiso e presentino la tua anima al trono dell’Altissimo”. Graziella carissima, con questo saluto liturgico, ti accompagniamo sulla “porta” del Cielo che, senz’altro, hai trovato spalancata.

+ Gualtiero Sigismondi