02-02-2017
Presentazione del Signore, 2017
La festa odierna, popolarmente nota come “candelora”, viene chiamata, soprattutto in Oriente, festa dell’incontro. Contempliamo l’incontro di Gesù con Simeone, che rappresenta l’attesa fedele del compimento delle antiche promesse. Ammiriamo anche l’incontro con la profetessa Anna, che, nel vedere il Bambino, esulta di gioia e loda Dio. Simeone e Anna, illuminati dallo Spirito, riconoscono il Signore e, pieni di stupore, gli rendono testimonianza.
La festa della Presentazione di Gesù al tempio è da ormai molti anni anche Giornata della vita consacrata. Questo particolare rilievo è dovuto al fatto che nella Chiesa e nel mondo le persone consacrate sono chiamate a essere segni luminosi e semi nascosti che si offrono alla terra allo scopo di portare frutto di salvezza. Come Gesù presentato al tempio e offerto, così ogni consacrato è un’offerta accolta dalla Chiesa e presentata a Dio quale primizia di tutto il popolo cristiano. L’appartenenza alla “madre Chiesa”, quale comune denominatore, rende tutti i consacrati “fratelli” e “sorelle”. La stessa vocazione missionaria si realizza nell’appartenenza alla Chiesa.
Il primo modo di dare testimonianza è quello di mostrare la gioia del Vangelo. “Solo se la nostra testimonianza è gioiosa – avverte Papa Francesco – potremo attrarre uomini e donne a Cristo; e tale gioia è un dono che si nutre di preghiera, di meditazione della Parola di Dio, della celebrazione dei Sacramenti e della vita comunitaria (…). La vita comunitaria è un terreno provvidenziale per la formazione del cuore. Non è realistico non attendersi dei conflitti: sorgeranno incomprensioni e occorrerà affrontarle. Ma nonostante tali difficoltà è nella vita comunitaria che siamo chiamati a crescere nella misericordia, nella pazienza e nella perfetta carità”.
“Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum” (Sal 133,1). Questa parola del Salmista pone l’accento sulla bontà e sulla dolcezza della vita comune e fraterna, che non è un vago affetto ma una realtà concreta, visibile. Una comunione di tipo puramente spirituale, che non coinvolgesse la vita quotidiana, non solo sarebbe pericolosa ma addirittura artificiosa. Il vivere con, “fonte di energia perennemente rinnovabile”, alimenta e sostiene il vivere per: ci si illude di vivere per gli altri se si esclude a priori la possibilità di vivere con chi ha ricevuto lo stesso dono di grazia. Sbilanciata sulla preposizione semplice per, la vita consacrata corre il rischio di dimenticare il con, cioè il fondamento. “Noi siamo insieme per semplificare tutto”: questa testimonianza – resa da Sorella Maria, dell’Eremo francescano di Campello sul Clitunno – lascia intendere che la vita comune è uno strumento di discernimento, oltre che di affinamento, di estrema precisione.
Fratelli e sorelle carissimi, è di tutta evidenza che un’insufficiente capacità relazionale crea le condizioni per lo sviluppo delle “tarme” che corrodono la “tunica” della Chiesa; esse, come avviene in natura, depongono le uova al buio, creando l’illusione di essere “un solo corpo” senza avere, però, “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Varie sono le specie di “tarme” che logorano il “tessuto connettivo” del Corpo ecclesiale.
– La riluttanza ad avere un “medesimo sentire, a rimanere unanimi e concordi, a non fare nulla per rivalità o vanagloria e a considerare gli altri, con tutta umiltà, superiori a se stessi” (cf. Fil 2,2-4).
– La diffidenza a “gareggiare nello stimarsi a vicenda” (cf. Rm 12,10), a riconoscere che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune” (cf. 1Cor 12,4-11).
– La resistenza a “sopportarsi a vicenda nell’amore” (cf. Ef 4,2) e a “perdonarsi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro” (cf. Col 3,12-13).
– La reticenza ad “ammonire chi è indisciplinato, a fare coraggio a chi è scoraggiato, a sostenere chi è debole e ad essere magnanimi con tutti” (cf. 1Ts 5,14).
Fratelli carissimi, “ricentrarsi” sulla vita comunitaria – osserva Yves Congar nell’opera dal titolo Vera e falsa riforma della Chiesa e nella Chiesa – rimane la regola fondamentale di ogni autentico movimento di riforma nella Chiesa. L’indebolimento della comunione impoverisce il Corpo ecclesiale, perché ne impedisce il rinnovamento e la missione! Persino la persistente scarsità di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata è imputabile, in larga parte, alla carenza di esperienze di vita comune e fraterna che manifestino la bellezza dello stare insieme “con letizia e semplicità di cuore” (cf. At 2,42-47).
La festa della Presentazione di Gesù al tempio è da ormai molti anni anche Giornata della vita consacrata. Questo particolare rilievo è dovuto al fatto che nella Chiesa e nel mondo le persone consacrate sono chiamate a essere segni luminosi e semi nascosti che si offrono alla terra allo scopo di portare frutto di salvezza. Come Gesù presentato al tempio e offerto, così ogni consacrato è un’offerta accolta dalla Chiesa e presentata a Dio quale primizia di tutto il popolo cristiano. L’appartenenza alla “madre Chiesa”, quale comune denominatore, rende tutti i consacrati “fratelli” e “sorelle”. La stessa vocazione missionaria si realizza nell’appartenenza alla Chiesa.
Il primo modo di dare testimonianza è quello di mostrare la gioia del Vangelo. “Solo se la nostra testimonianza è gioiosa – avverte Papa Francesco – potremo attrarre uomini e donne a Cristo; e tale gioia è un dono che si nutre di preghiera, di meditazione della Parola di Dio, della celebrazione dei Sacramenti e della vita comunitaria (…). La vita comunitaria è un terreno provvidenziale per la formazione del cuore. Non è realistico non attendersi dei conflitti: sorgeranno incomprensioni e occorrerà affrontarle. Ma nonostante tali difficoltà è nella vita comunitaria che siamo chiamati a crescere nella misericordia, nella pazienza e nella perfetta carità”.
“Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum” (Sal 133,1). Questa parola del Salmista pone l’accento sulla bontà e sulla dolcezza della vita comune e fraterna, che non è un vago affetto ma una realtà concreta, visibile. Una comunione di tipo puramente spirituale, che non coinvolgesse la vita quotidiana, non solo sarebbe pericolosa ma addirittura artificiosa. Il vivere con, “fonte di energia perennemente rinnovabile”, alimenta e sostiene il vivere per: ci si illude di vivere per gli altri se si esclude a priori la possibilità di vivere con chi ha ricevuto lo stesso dono di grazia. Sbilanciata sulla preposizione semplice per, la vita consacrata corre il rischio di dimenticare il con, cioè il fondamento. “Noi siamo insieme per semplificare tutto”: questa testimonianza – resa da Sorella Maria, dell’Eremo francescano di Campello sul Clitunno – lascia intendere che la vita comune è uno strumento di discernimento, oltre che di affinamento, di estrema precisione.
Fratelli e sorelle carissimi, è di tutta evidenza che un’insufficiente capacità relazionale crea le condizioni per lo sviluppo delle “tarme” che corrodono la “tunica” della Chiesa; esse, come avviene in natura, depongono le uova al buio, creando l’illusione di essere “un solo corpo” senza avere, però, “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). Varie sono le specie di “tarme” che logorano il “tessuto connettivo” del Corpo ecclesiale.
– La riluttanza ad avere un “medesimo sentire, a rimanere unanimi e concordi, a non fare nulla per rivalità o vanagloria e a considerare gli altri, con tutta umiltà, superiori a se stessi” (cf. Fil 2,2-4).
– La diffidenza a “gareggiare nello stimarsi a vicenda” (cf. Rm 12,10), a riconoscere che “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune” (cf. 1Cor 12,4-11).
– La resistenza a “sopportarsi a vicenda nell’amore” (cf. Ef 4,2) e a “perdonarsi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro” (cf. Col 3,12-13).
– La reticenza ad “ammonire chi è indisciplinato, a fare coraggio a chi è scoraggiato, a sostenere chi è debole e ad essere magnanimi con tutti” (cf. 1Ts 5,14).
Fratelli carissimi, “ricentrarsi” sulla vita comunitaria – osserva Yves Congar nell’opera dal titolo Vera e falsa riforma della Chiesa e nella Chiesa – rimane la regola fondamentale di ogni autentico movimento di riforma nella Chiesa. L’indebolimento della comunione impoverisce il Corpo ecclesiale, perché ne impedisce il rinnovamento e la missione! Persino la persistente scarsità di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata è imputabile, in larga parte, alla carenza di esperienze di vita comune e fraterna che manifestino la bellezza dello stare insieme “con letizia e semplicità di cuore” (cf. At 2,42-47).
+ Gualtiero Sigismondi