“Sarai una magnifica corona nella mano del Signore. Un diadema regale nella palma del tuo Dio”. Queste parole con cui Isaia descrive la speranza dell’antico Israele, speranza proiettata, in definitiva, sulla Chiesa, mi pare si possano applicare anche a questa bellissima Cattedrale che, dopo otto anni, torna a nuova vita. La nostra Chiesa ne soffriva la mancanza. Foligno ne aveva bisogno. L’amore per l’amato patrono san Feliciano doveva ritrovare il suo centro, il luogo che da secoli esprime la fede di questo popolo, ed insieme accompagna il suo cammino di cultura e di bellezza, con un benefico riflesso anche sulla società.
La gioia e la speranza che promanano da evento odierno ben si collocano in questo inizio di Giubileo di cui anche questo tempio, come chiesa giubilare, sarà luogo privilegiato. Cattedrale deriva da cattedra. E’ qui il suo primo significato. Fa riferimento al magistero del vescovo. In ultima analisi, fa riferimento a Gesù e alla sua Parola, come Maria ci ha ricordato nel Vangelo delle Nozze di Cana: “Fate quello che egli vi dirà”. La Cattedrale rinasce perché ci possiamo rimettere con maggiore convinzione alla scuola di Gesù, che il Vescovo umilmente deve rappresentare, orientando la vita della comunità cristiana per garantirne la conformità al Vangelo. Siamo qui, nella cattedrale ringiovanita, a fare innanzitutto un atto di fede. Vogliamo ridirci solennemente che Gesù è per noi, com’egli dice, “via, verità e vita”, e pertanto è la regola della nostra vita.
Lo ribadiamo in un tempo in cui la fede è messa a dura prova. La confusione dei pensieri e la perdita dei valori incidono sulla società, ma rimbalzano anche sulla comunità cristiana. Di fatto siamo una cristianità numericamente decrescente. La storia ricorda che la Chiesa può vivere, nell’uno o nell’altro spazio del pianeta, fasi di diminuzione e persino di estinzione. Il Nord-Africa ne è un esempio. Non sembri esagerato, dato che è parola evangelica: “Il Figlio dell’uomo, quando tornerà, troverà la fede sulla terra?” Ancora siamo capaci di raduni e di entusiasmi come quello che stiamo vivendo. Ma il Vangelo di Gesù ispira sempre di meno la nostra cultura, come ha ispirato quella di coloro che hanno edificato queste mura e le hanno adornate di tanta bellezza. Non ci facciamo illusioni, cari fratelli e sorelle: il futuro tornerà luminoso se alla riapertura della Cattedrale corrisponderà un nuovo slancio evangelizzatore. Il programma lo abbiamo: quello di sempre, il Vangelo, tradotto per il nostro tempo dai nostri programmi pastorali. Occorre rimboccarci le maniche, come hanno fatto qui, per consentirci la riapertura, tanti fratelli e sorelle che, come commissione diocesana per la cattedrale, direzione dei lavori, pubblici amministratori, maestranze e operai, si sono adoperati senza posa per restituirci in tempo utile questo tempio, e come hanno generosamente fatto coloro che si sono dedicati negli ultimi giorni alle pulizie e al riordino dell’insieme. Siano ringraziati e benedetti.
Un altro significato della Chiesa cattedrale è il suo compito di sviluppare e manifestare la comunione ecclesiale. La Chiesa è il corpo di Cristo e la famiglia di Dio. Certamente, per esserlo, non basta radunarsi nello stesso luogo. Ma anche questo può esprimere e favorire il senso dell’unità. Il Concilio Vaticano II ci ha dato, su questo, un importante insegnamento quando dichiara: «tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri» (SC 41).
Riapriamo pertanto la cattedrale anche con il desiderio di vincere la scommessa dell’unità, che fu l’oggetto della grande preghiera sacerdotale di Gesù, quasi il suo testamento. Lo sentiremo riecheggiare nella settimana ecumenica appena iniziata. Abbiamo, per le nostre due diocesi sorelle, un progetto che diventa ogni giorno più urgente, quello di fare delle nostre case altrettante “chiese domestiche”, ritessendo, innanzitutto con la riscoperta del matrimonio sacramentale, l’unità dentro le famiglie, e poi allargandola ai rapporti tra famiglia e famiglia, con la tessitura paziente di una rete di tante piccole comunità che camminano insieme dentro la parrocchia mettendosi alla scuola del Vangelo. In una società che si va sempre più frantumando fin nel nucleo familiare e dove l’individualismo imperversa, noi dobbiamo essere, come la prima comunità cristiana, una famiglia di famiglie, un cuor solo e un’anima sola. La Cattedrale serve anche a ricordarci questa grande sfida di una Chiesa a servizio dell’unità e della pace.
La cattedrale infine si proietta fuori di sé. In qualche modo lo dice anche la sua maestosità. Essa è per eccellenza luogo sacro ed ecclesiale, ma parla anche alla città. Nella storia, tante volte le cattedrali hanno ospitato assemblee cittadine. Nelle cattedrali si sono dati convegno i migliori artisti dell’architettura, della scultura, della pittura, della musica. Sepolture di personalità eminenti, come qui dei vescovi, ne hanno fatto un archivio monumentale. Le cattedrali sono diventate, nell’Europa cristiana, e poi nelle regioni progressivamente evangelizzate, scrigni di arte e di civiltà. Non sono mancati purtroppo periodi in cui ideologie dissacranti le hanno profanate. Ne è un esempio a Parigi la cattedrale di Notre Dame quando la rivoluzione vi impiantò il culto della dea ragione simboleggiata da una ballerina. Oggi, per la stessa Cattedrale parigina, abbiamo potuto apprezzare l’accordo tra Chiesa e società nel riportarla al suo splendore, nonostante la cornice di secolarismo e laicismo. È come dire che di una cattedrale hanno bisogno insieme la Chiesa e la società. Oggi Foligno torna più bella, più completa, più unita, e speriamo anche più credente. Sia, questa Cattedrale tornata a vivere, per la nostra città e l’intera diocesi, l’acqua cambiata in vino del miracolo di Cana, a servizio di una comunità folignate impegnata a garantirsi non soltanto una bella Quintana, ma la gioia di vivere – perché no? – anche in una ordinata prosperità, ma soprattutto nell’unità, nell’onestà e nella pace.