“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, dice il Signore, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8). I pensieri e le vie di Dio superano i nostri desideri più profondi e sovrastano le nostre strade. Quanto questo sia vero nessuno di noi può negarlo; anche tu, don David carissimo, lo sai molto bene. Mentre i tuoi pensieri non ti lasciavano immaginare la via che il Signore intendeva aprirti, hai inteso l’invito risuonato nella pagina di Vangelo appena proclamata: “Andate anche voi nella mia vigna” (Mt 20,4). La parabola si sofferma sull’originale comportamento del padrone che chiama i braccianti a lavorare nella sua vigna in cinque diverse ore del giorno, dall’alba al tramonto. Chi è assunto all’ultima ora viene retribuito per primo, ricevendo lo stesso salario riconosciuto agli operai che hanno sopportato il peso di un’intera giornata di lavoro. Questo trattamento economico suscita un profondo malcontento, dettato dall’invidia, ma non ci sono gli estremi per una vertenza sindacale, poiché il padrone non viene meno ai doveri della giustizia, ma la profuma di carità.
Carissimo don David, il Signore ti ha chiamato nella sua vigna verso le nove del mattino della tua vita. In quell’ora hai sentito dirette a te le parole confidate da Paolo ai Filippesi: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). Il Signore, attraverso la mediazione del discernimento ecclesiale, ti ritiene degno di ricevere il ministero presbiterale che oggi ti viene conferito con il gesto apostolico dell’imposizione delle mani. Fra gli impegni che tu, don David, ti accingi ad assumere davanti al popolo di Dio, il primo e più importante servizio ministeriale è la cura della vita interiore. È questa premurosa dedizione che ti consentirà di spargere il seme della Parola con coraggio e magnanimità, con entusiasmo sincero.
Il seminatore deve gettare il seme ovunque, anche in terreni non arati, sapendo che ogni zolla è fertile per i “semi del Verbo”. Deve lavorare con fiducia e dopo la fatica riposare sereno, perché Dio è all’opera nel campo dei cuori, ove ha posto il granello di senape dell’infinito e il lievito della libertà, sempre esposto al rischio di inacidirsi. Deve nutrirsi di speranza, avversaria dell’ansia e alleata della pazienza, perché il seme della Parola ha i suoi tempi di maturazione. Deve saper vedere, in mezzo alla zizzania, le messi che già biondeggiano per la mietitura. Deve credere che il miglior alleato del Vangelo non è il “diserbante” delle iniziative pastorali, ma il “fertilizzante” dello Spirito, che con gemiti inesprimibili intercede secondo i disegni di Dio (cf. Rm 8,26-27).
Mancherei a un mio dovere se, consacrando don David presbitero, non pensassi prima di tutto ai sacrifici fatti dalla sua famiglia, che l’ha messo a disposizione del Signore. Ci sono delle mamme e dei padri che, anche senza saperlo, hanno un cuore “sacerdotale” e lo trasfondono nei loro figli. Mancherei a un altro dovere se, ordinando prete don David, dimenticassi la comunità parrocchiale da cui proviene, quella del Ss. Nome di Gesù; il popolo cristiano ha fiuto, non sbaglia nel discernere l’autenticità dei germi di vocazione che il Signore fa maturare nel campo della Chiesa. Mancherei, infine, a un altro grave dovere se trascurassi di ringraziare quanti hanno curato la formazione di don David presso il Seminario Regionale di Assisi, in particolare mons. Carlo Franzoni, a cui manifesto, nella comunione della fractio panis, la mia immensa gratitudine per il servizio di Rettore svolto finora con cuore integro, cioè libero e ardente.
Fratelli e sorelle carissimi, pregate per don David, perché sia prete fino all’ultima fibra della sua umanità. C’è bisogno di preti “instancabili nel dono di sé, vigilanti nella preghiera, lieti e accoglienti nel servizio della comunità”. C’è bisogno di preti liberi di servire e dare la propria vita. C’è bisogno di preti che non sentono il bisogno di un profilo social perché non cercano visibilità. C’è bisogno di preti che svegliano l’aurora per stringersi in intimità con Dio, immersi nella Parola davanti al Tabernacolo, per disporsi a incontrare il Suo sguardo nei fratelli più bisognosi di aiuto, con i quali Egli ha voluto identificarsi.
Rendiamo grazie al Signore che ci ha concesso la gioia di vedere la luce di questo giorno di festa. A don David ho sempre detto che non lo avrei ordinato prete se non avesse avuto un successore in Seminario; il Signore non ha permesso di infliggere questa ammonizione, poiché dalla stessa parrocchia del Ss. Nome ha fatto sorgere un nuovo germoglio. Questo passaggio di testimone è un segno della fedeltà di Dio, “origine e fonte di ogni ordine e ministero”.
+ Gualtiero Sigismondi