Solennità di San Feliciano – Primi Vespri

23-01-2020

La Chiesa da sempre ha considerato il dies natalis dei santi quello della loro “nascita” al Cielo e ha venerato i martiri prima ancora della Vergine Maria! Nel piano salvifico di Dio non è rimasta sterile la testimonianza di tanti martiri che, come san Feliciano, hanno versato il loro sangue, vivendo la fede eroicamente, cioè incondizionatamente e appassionatamente. Il martire contraddice la logica del mondo, perché risponde al timore della morte che odia la vita con un amore alla vita che non teme di morire per essa. Quanto questo sia vero Paolo ce lo ricorda con una domanda che suona come un’esclamazione: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Rm 8,35).
Paolo condivide con la filosofia stoica del suo tempo l’idea di una tenace costanza in tutte le difficoltà che gli si presentano, e tuttavia egli supera l’unità di misura della pazienza adottando la misura alta della perseveranza, indicata da Gesù ai discepoli: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita” (Lc 21,19). La pazienza è un aspettare lo sviluppo del corso degli eventi, vigilando su se stessi; la perseveranza è un attendere il Signore “con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese” (Lc 12,35). La pazienza è un sopportare il peso delle prove, come l’incudine sta sotto il martello; la perseveranza è un abbandonarsi alla fedeltà di Dio, il quale “non permette che siamo tentati oltre le nostre forze” (cf. 1Cor 10,13). La pazienza è uno stringere i denti; la perseveranza è un sollevare lo sguardo, cercando il volto del Signore. La pazienza è la virtù del contadino che aspetta “il prezioso frutto della terra” (cf. Gc 5,7); la perseveranza è la forza del pellegrino. La pazienza è la “clessidra” della sentinella; la perseveranza è la “meridiana” di chi ama “fino alla fine”.
Fratelli carissimi, la forma suprema di perseveranza è il martirio, che significa “testimonianza”. Martire è colui che con la sua vita rende evidente ciò che la tiene in piedi: la Pasqua di Cristo. Il martirio cristiano si presenta come caso supremo di testimonianza della fede e, allo stesso tempo, come testimonianza non-violenta della libertà religiosa. I martiri ci insegnano ad amare la vita fino a morire, fino a fare della propria morte un evento di vita. Sebbene il paradigma e il compimento della testimonianza cristiana sia il martirio, tuttavia al di sopra di esso vi è la carità. Lo dice chiaramente Paolo scrivendo ai Corinzi: “Se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe” (1Cor 13,3).
È la carità che fa del martirio il modello e il prototipo di un dono d’amore senza misura. È la testimonianza di una dedizione vissuta “con cuore libero e ardente” che ci fa acclamare san Feliciano: “O Gemma clara martyrum”. La città e la diocesi di Foligno, all’unisono, perseverano nel rendere omaggio al loro Patrono che con il suo martirio – una prova traumatica eppure trionfale – ci ha trasmesso la fede della Chiesa: “la gioia del Vangelo”.

+ Gualtiero Sigismondi