24-01-2018
Solennità di San Feliciano 2018 – Secondi Vespri
“Sentirmi vescovo, per la prima volta, di fronte a quella immagine paterna e severa del nostro Patrono, mi ha fatto molta impressione”. Così scrive S. E. mons. Giovanni Benedetti, di venerata memoria, nelle pagine del Chronicon, la sera del 23 gennaio 1975. L’emozione provata dal Vescovo Giovanni in occasione della sua ordinazione episcopale si rinnova anche per me in questo giorno di festa, in cui avverto, con particolare esultanza, che il Signore, chiamandomi a succedere a San Feliciano, mi ha già donato il centuplo, con tutto quello che comporta (cf. Mc 10,30).
Il servizio episcopale mi ha permesso di scoprire che la Chiesa è Sposa oltre che Madre. Il vincolo nuziale con la Diocesi di Foligno, facendomi sperimentare che il Corpo ecclesiale è “santo e insieme sempre bisognoso di purificazione”, mi ha concesso di gustare la gioia grande della paternità, senza rinunciare alla libertà di chiamare fratelli coloro che il Signore mi ha affidato come figli. Questa libertà mi ha fatto maturare la convinzione che l’episcopato è un “peso di grazia” reso dolce e leggero dalla misura “pigiata, scossa e traboccante” del dono irrevocabile dello Spirito santo. Una delle esperienze più forti che accompagnano il mio ministero episcopale è sentirmi custodito dalla preghiera incessante del popolo di Dio e ammaestrato dalla sua fede ardente. Sto rendendomi conto, con sempre maggiore chiarezza, che il mio servizio di “araldo della fede” è legato a quello di “discepolo della Parola” e che – secondo la felicissima intuizione di mons. Giovanni Benedetti – “l’attenzione alla città non è separabile dall’impegno ecclesiale”.
Nel corso di questi anni, documentati dal colore dei capelli, ho preso maggiore coscienza del fatto che, nel servizio episcopale, se non si consumano le ginocchia, oltre che i sandali, non si va lontano; le spalle non reggono il giogo della carità pastorale se il battito del cuore non lo sostiene con la sistole e la diastole della preghiera di gratitudine e di intercessione. Il ministero episcopale mi ha aiutato a comprendere, inoltre, che le cose di Dio avanzano silenziosamente, con la collaborazione del tempo, e che il compito a me affidato dal Signore, attraverso la mediazione della Chiesa, è parte di un progetto più ampio. Il servizio episcopale è simile, infatti, all’impegno di coloro che hanno costruito le grandi cattedrali medievali. “Tali imponenti edifici – osserva Papa Francesco – raccontano l’importanza della partecipazione di ciascuno ad un’opera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si è adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali – a loro volta – lo avrebbero abbellito ed ampliato”.
Carissimo San Feliciano, “gemma clara martyrum”, baciando il piede della tua statua argentea, levigato dalle mani dei fedeli, abbraccio l’intera città e diocesi che, per mezzo tuo, “affido a Dio e alla parola della sua grazia” (cf. At 20,32).
“Sentirmi vescovo, per la prima volta, di fronte a quella immagine paterna e severa del nostro Patrono, mi ha fatto molta impressione”. Così scrive S. E. mons. Giovanni Benedetti, di venerata memoria, nelle pagine del Chronicon, la sera del 23 gennaio 1975. L’emozione provata dal Vescovo Giovanni in occasione della sua ordinazione episcopale si rinnova anche per me in questo giorno di festa, in cui avverto, con particolare esultanza, che il Signore, chiamandomi a succedere a San Feliciano, mi ha già donato il centuplo, con tutto quello che comporta (cf. Mc 10,30).
Il servizio episcopale mi ha permesso di scoprire che la Chiesa è Sposa oltre che Madre. Il vincolo nuziale con la Diocesi di Foligno, facendomi sperimentare che il Corpo ecclesiale è “santo e insieme sempre bisognoso di purificazione”, mi ha concesso di gustare la gioia grande della paternità, senza rinunciare alla libertà di chiamare fratelli coloro che il Signore mi ha affidato come figli. Questa libertà mi ha fatto maturare la convinzione che l’episcopato è un “peso di grazia” reso dolce e leggero dalla misura “pigiata, scossa e traboccante” del dono irrevocabile dello Spirito santo. Una delle esperienze più forti che accompagnano il mio ministero episcopale è sentirmi custodito dalla preghiera incessante del popolo di Dio e ammaestrato dalla sua fede ardente. Sto rendendomi conto, con sempre maggiore chiarezza, che il mio servizio di “araldo della fede” è legato a quello di “discepolo della Parola” e che – secondo la felicissima intuizione di mons. Giovanni Benedetti – “l’attenzione alla città non è separabile dall’impegno ecclesiale”.
Nel corso di questi anni, documentati dal colore dei capelli, ho preso maggiore coscienza del fatto che, nel servizio episcopale, se non si consumano le ginocchia, oltre che i sandali, non si va lontano; le spalle non reggono il giogo della carità pastorale se il battito del cuore non lo sostiene con la sistole e la diastole della preghiera di gratitudine e di intercessione. Il ministero episcopale mi ha aiutato a comprendere, inoltre, che le cose di Dio avanzano silenziosamente, con la collaborazione del tempo, e che il compito a me affidato dal Signore, attraverso la mediazione della Chiesa, è parte di un progetto più ampio. Il servizio episcopale è simile, infatti, all’impegno di coloro che hanno costruito le grandi cattedrali medievali. “Tali imponenti edifici – osserva Papa Francesco – raccontano l’importanza della partecipazione di ciascuno ad un’opera capace di travalicare i confini del tempo. Il costruttore di cattedrali sapeva che non avrebbe visto il compimento del proprio lavoro. Nondimeno si è adoperato attivamente, comprendendo di essere parte di un progetto, di cui avrebbero goduto i suoi figli, i quali – a loro volta – lo avrebbero abbellito ed ampliato”.
Carissimo San Feliciano, “gemma clara martyrum”, baciando il piede della tua statua argentea, levigato dalle mani dei fedeli, abbraccio l’intera città e diocesi che, per mezzo tuo, “affido a Dio e alla parola della sua grazia” (cf. At 20,32).
+ Gualtiero Sigismondi