“I cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa “. Abbiamo appena ascoltato queste parole sulla bocca di Salomone. Se i cieli dei cieli non possono contenere Dio, qual è dunque il senso della festa della dedicazione della cattedrale di san Feliciano …
Un Gesù con le cordicelle, impegnato a rovesciare tavoli, ci fa una certa impressione. Sta nella pura tradizione dei gesti profetici. Quando Dio ci vuole dire cose importanti, usa segni forti. E, in effetti, nella purificazione del tempio, c’è l’interrogativo, direi la “requisitoria”, di Dio al suo popolo, ma anche all’umanità intera …
Video della Santa Messa presieduta da Mons. Domenico Sorrentino
Con grande gioia, cari fratelli e sorelle, mi incontro con voi dopo avervi visti – quanti ne ho potuti vedere – il giorno del mio ingresso pastorale. Vi incontrerò poi, in maniera più solenne, quando spero, con la prima domenica di Avvento, di consegnarvi un primo pen-siero di orientamento pastorale. In questo periodo sto cercando di ascoltare, sto cercando di capire, sto cercando di incontrarvi. Mi metto in ascolto della voce di Dio e cercherò, poi, di tradurla per voi, così come saprò e potrò anche grazie alla vostra preghiera. (…)
Il nuovo vescovo rivolge la sua parola ai fedeli di Foligno
Sulla soglia del giorno di Pentecoste, la liturgia ci fa ascoltare il dialogo del Risorto con Pietro, avvenuto presso il Lago di Tiberiade, là dove è iniziata l’avventura della sequela (cf. Gv 21,15-19). Si tratta di un dialogo in cui il Signore rivela a Simone di essere vivo persino nei suoi sentimenti. Per ben tre volte gli chiede se lo ami, anzi, se gli voglia bene; è una richiesta fatta con insistenza, non tanto perché Egli mette in dubbio la sincerità di Simone, quanto perché intende ricordargli che pascere è un “servizio d’amore”. Forse, la promessa della consegna delle chiavi del Regno dei cieli, compiuta da Gesù a Cesarea di Filippo (cf. Mt 16,19), si è realizzata sulla riva del Mare di Galilea, al termine del dialogo di Simone con il Risorto. Chissà? Pietro sente ancora bruciare dentro di sé la ferita del rinnegamento, aperta nella notte del tradimento, e tuttavia rinnova la sua solenne professione di fede: “Signore tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene” (Gv 21,17). “Come poteva non credergli – scrive sant’Agostino – Colui che gli leggeva il cuore?” (Sermo 295,4). (…)
Il Signore, che dispone i tempi del nascere e del morire, ci fa celebrare le esequie di mons. Eros Mancinelli sulla soglia dei primi vespri della Domenica del buon Pastore, “il Pastore bello delle pecore”. Il brano evangelico appena proclamato esprime con un verbo, sottolineato cinque volte, che la bellezza del buon Pastore sta nel fatto che “offre” la vita per le pecore. (…)
“Le tenebre dell’antica notte hanno ceduto il posto alla vera luce”. San Leone Magno ci offre una “primizia” dell’annuncio pasquale che inonda di luce questo “giorno fatto dal Signore”. L’aurora radiosa e splendida della Risurrezione di Cristo vince le fitte tenebre della morte; il sole di Pasqua sorge come uno sposo dal “talamo” (cf. Sal 19,6) del sepolcro vuoto. Nella tomba di Gesù, scavata nella roccia, la luce non è entrata dall’esterno, ma è uscita dall’interno, come una sorgente che scaturisce dalle viscere della terra. Quanto è accaduto all’alba del giorno di Pasqua può essere paragonato ad una cascata, analoga a quella che si vede quando vengono aperte le paratie di una diga: la pressione dell’acqua raccolta nell’invaso è così forte che, prima di cadere in basso, sale in alto facendo sentire tutto il suo fragore. (…)
La Messa crismale ci fa contemplare il Signore attraverso gli occhi dei suoi compaesani “fissi su di Lui” (cf. Lc 4,20). Il loro sguardo, accecato dalla curiosità, chiude gli orecchi all’ascolto; sebbene provino meraviglia, i loro cuori si riempiono di sdegno che li porta a cacciare Gesù “fuori della città”, “fin sul ciglio del monte”, “per gettarlo giù” (cf. Lc 4,28-29). La prima stazione della Via crucis si compie a Nazaret: questa è una delle ragioni per le quali la liturgia, alla vigilia del Triduo pasquale, ci invita a fare tappa a Nazaret, la città della Galilea in cui il Fiat della Vergine (cf. Lc 1,38) annuncia l’Eccomi di Cristo (cf. Eb 10,7; Sal 40,8), “si rispecchiano l’uno nell’altro e formano un unico Amen al disegno salvifico del Padre” (cf. Gv 4,34). È un Amen che sentirà i “brividi” del Getsemani e avrà i “lividi” del Golgota, ma non rinuncerà ad amare “fino alla fine” (cf. Gv 13,1), “facendosi obbediente fino alla morte” (Fil 2,8). (…)
“Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,21). Questa confessione di fede, che Paolo fa ai Filippesi, ha disposto spirito, anima e corpo di San Feliciano a subire il martirio: una prova traumatica eppure trionfale, modello e prototipo della testimonianza estrema della fede. Il pensiero della morte non ha compromesso la sua fedeltà ma l’ha confermata con il sigillo di una donazione totale: quella della libertà nell’amore.